
I giocatori hanno le loro colpe.Accettano i tornei di 10 gg in cambio di più soldi e giocano la finale alle 15 per raggiungere in serata New York e giocare il ricchissimo misto. Serve un tavolo con tutte le componenti in ballo. SOS tennis!!
— paolo bertolucci (@paolobertolucci) August 18, 2025
Il contesto agonistico e i rischi per gli atleti
Il caso di Sinner non rappresenta un’eccezione. In diverse occasioni, tornei di alto livello sono stati caratterizzati da un elevato numero di ritiri dovuti a condizioni climatiche proibitive e a calendari sempre più serrati. Eventi come quello di Cincinnati evidenziano una difficoltà crescente nel gestire il recupero fisico tra una competizione e l’altra. L’estate, con le sue temperature elevate, accentua ulteriormente queste problematiche, mettendo a rischio la salute degli atleti e la qualità dello spettacolo offerto al pubblico.
La scelta di programmare la finale alle 15 di agosto, dopo la tappa di Toronto, non ha lasciato spazio a sufficienti periodi di recupero. Lo stesso Alejandro Davidovich Fokina ha evidenziato il problema con una dichiarazione sui social: “Una finale di lunedì alle 15 di agosto a Cincinnati, dopo Toronto, con così tanti ritiri e giocatori esausti… qualcosa deve cambiare”.
La pressione sui giocatori non si limita all’aspetto fisico: anche la logistica degli spostamenti e la gestione degli impegni extra-sportivi, come conferenze stampa, eventi promozionali e sponsorizzazioni, concorrono ad aumentare il livello di stress. Il caso di Terence Atmane, costretto a rinunciare alle qualificazioni dello Slam per lo stress accumulato a Cincinnati, è solo uno degli esempi recenti di una tendenza che preoccupa l’intero movimento tennistico.
Le accuse e le proposte per una riforma
L’accusa di Bertolucci non si limita ai singoli atleti, ma si estende all’intera organizzazione del circuito. L’eccessiva durata dei tornei, la ricerca di premi sempre più elevati e l’assenza di un confronto reale tra le parti coinvolte stanno trasformando il tennis in uno sport dove il business rischia di prevalere sull’etica sportiva. La richiesta di un tavolo di confronto tra organizzatori, giocatori, federazioni e sponsor appare oggi quanto mai urgente per evitare il ripetersi di situazioni analoghe.
Le riflessioni degli addetti ai lavori trovano riscontro anche nelle decisioni di altri circuiti sportivi, dove la tutela della salute degli atleti è al centro delle strategie organizzative. In molti auspicano una revisione dei calendari, con la possibilità di introdurre pause programmate e orari più adeguati alle condizioni climatiche, oltre a una migliore distribuzione dei tornei nel corso della stagione.
Il dibattito tra sport e business resta aperto. Se da un lato il pubblico e i media chiedono spettacolo e grandi sfide, dall’altro emerge la necessità di salvaguardare il benessere dei protagonisti. Il caso di Cincinnati rappresenta un campanello d’allarme per l’intero movimento, invitando a una riflessione profonda sulle priorità e i valori che dovrebbero guidare il mondo del tennis.
Prospettive per il futuro del tennis: siamo a un punto di svolta?
Le vicende di Sinner e degli altri tennisti coinvolti a Cincinnati hanno evidenziato la necessità di un cambiamento strutturale. La revisione di logistica, formato e calendario si impone come priorità per garantire che il tennis mantenga la propria attrattiva senza mettere a repentaglio la salute degli atleti. L’obiettivo deve essere quello di trovare un equilibrio tra esigenze commerciali, spettacolo e sicurezza, valorizzando il ruolo degli atleti e promuovendo una cultura dello sport che ponga al centro la persona.
L’auspicio degli addetti ai lavori è che la lezione di Cincinnati possa rappresentare un punto di svolta per l’intero circuito ATP. Solo attraverso una collaborazione costruttiva tra tutte le componenti sarà possibile assicurare un futuro sostenibile e competitivo per il tennis internazionale, preservando la salute e la passione che da sempre caratterizzano questo sport.