Il nodo Acerbi e la linea dura
In conferenza stampa, l’ex condottiero del Napoli e dell’Inter affronta l’argomento più spinoso: il caso Acerbi. «Spero che a quelli che rifiutano la Nazionale ci sia qualcuno che gli dice che in Nazionale non tornano più», tuona. Un messaggio inequivocabile a chi pensa di poter usare la maglia azzurra come un taxi, da chiamare solo quando è comodo. Spalletti ammette di aver forse esagerato in una risposta precedente, tanto da aver telefonato al difensore per scusarsi. Acerbi, dal canto suo, ha stemperato: «Mister, se mi dice così è tutto ok». Ma la sostanza resta: chi tira indietro il braccio in Nazionale rischia di non indossare più quella maglia. Bilancio amaro, eredità complessa. La vittoria risicata con la Moldavia rimarrà negli archivi come un risultato buono solo per i freddi numeri. Sul campo, la fotografia è ben diversa: possesso palla sterile, poche linee di passaggio pulite e quella sensazione di precarietà che accompagna ogni pallone che transita a centrocampo. Spalletti ammette di aver “mantenuto questo gruppo” pur intuendone la stanchezza: una scelta di continuità che non ha pagato. «Il sorteggio», ricorda, «è anche questione di sorte», ma non basta appellarsi al destino quando mancano brillantezza e cattiveria agonistica.

Verso un nuovo ciclo
«I giocatori e l’allenatore devono fare la differenza, purtroppo io non l’ho fatta», confessa. È la chiosa di chi non vuole passare per vittima, ma neppure per colpevole assoluto. Da oggi toccherà a un altro selezionatore rimettere insieme i cocci e scegliere se ripartire da questa ossatura o spingere sull’acceleratore del rinnovamento totale. Spalletti, dal canto suo, lascia un messaggio di servizio: chiunque arrivi, dovrà scegliere in autonomia, «prende e fa quello che gli pare». Tradotto: servono idee chiare, coraggio e, soprattutto, una gestione ferrea dei casi personali. Perché nessuna Nazionale può permettersi di regalare talento sull’altare di polemiche o incomprensioni.