Cimici, depistaggi e un biglietto minatorio
Il retroscena più inquietante riguarda il presunto tentativo di depistaggio. Minervini, De Leonardis e Pizzo sarebbero stati avvertiti dell’indagine in corso. Il finanziere, in particolare, avrebbe messo in guardia la dirigente comunale circa la presenza di microspie nel suo ufficio, attribuendo l’azione a colleghi della Guardia di Finanza: “Vanno passeggiando mentre si fottono indennità e straordinari”, avrebbe detto.
Da lì sarebbe partita una bonifica ambientale, finanziata – secondo gli inquirenti – con fondi pubblici. Una manovra che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto proteggere gli interessati, ma che ha solo aggravato la loro posizione agli occhi della Procura.
In questo clima teso, negli uffici comunali sarebbe arrivato anche un biglietto anonimo, con scritto a penna: “Fai il sindaco delle pecore”. Minervini, interrogato sul punto, avrebbe persino indicato un sospetto autore di quel messaggio minatorio. Un dettaglio che dimostra quanto la situazione fosse ormai esplosiva e i nervi, all’interno dell’amministrazione, completamente logorati.
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La città sotto osservazione
Nel tentativo di spiegare la propria posizione, Minervini avrebbe fornito una versione dei fatti incompleta e contraddittoria, in particolare riguardo alla provenienza delle cimici. I magistrati sottolineano come gli indagati abbiano fatto di tutto per neutralizzare le prove, ma ritengono che il danno fosse già irreversibile.
La Procura parla di un modello consolidato di favoritismi radicato nella macchina amministrativa locale. Una rete di complicità che ora rischia di crollare sotto il peso delle accuse. E se questo è solo l’inizio dell’inchiesta, nei prossimi mesi potrebbero emergere altri scenari oscuri, destinati a cambiare per sempre il volto della politica cittadina.