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Uccide i figli bruciandoli vivi, orrore in Italia: ora la notizia agghiacciante

Pasquale Iacovone, condannato per il duplice omicidio dei figli, in un'immagine di repertorio.

Il caso di Pasquale Iacovone rimane uno degli episodi più sconvolgenti della cronaca italiana degli ultimi anni. Nel 2013, il piccolo centro di Ono San Pietro, in provincia di Brescia, fu teatro di un crimine che lasciò il Paese attonito: l’omicidio dei fratelli Andrea e Davide, di 13 e 9 anni. Dopo averli soffocati, Iacovone diede fuoco alla loro abitazione, tentando di mascherare il suo gesto come un tragico incidente domestico. La giustizia riconobbe in questo delitto un atto di vendetta nei confronti dell’ex compagna, Erica Patti, condannando l’uomo all’ergastolo.

Uccide i figli bruciandoli vivi, orrore in Italia: ora la notizia agghiacciante. “Vuole finire l’opera”

Oggi, a distanza di dieci anni dal processo e dalla condanna definitiva, la notizia che Pasquale Iacovone potrà accedere ai permessi premio riapre una ferita che per molti non si è mai rimarginata. La legge italiana, infatti, prevede che anche i detenuti all’ergastolo possano beneficiare di periodi di uscita temporanea dal carcere dopo dieci anni di detenzione, a determinate condizioni. Questa possibilità ha immediatamente suscitato grande preoccupazione e timore in Erica Patti, la madre delle vittime. Da sempre impegnata a mantenere viva la memoria dei suoi figli e a battersi per i diritti delle vittime di violenza, oggi si trova nuovamente a confrontarsi con l’angoscia di un possibile ritorno del suo ex compagno nella sua vita.

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Patti ha espresso il suo profondo senso di vulnerabilità: “Non ha mai dato segni di pentimento, nemmeno in forma ufficiosa o privata. Mai. E questo contribuisce ad alimentare il mio terrore”. L’assenza di misure restrittive particolari, come il braccialetto elettronico o il divieto di avvicinamento, aggrava ulteriormente il suo stato d’animo.

Le richieste di protezione e il ruolo delle vittime

La situazione di Erica Patti mette in luce la necessità di rafforzare le tutele per le vittime di reati gravi. Patti chiede che la voce delle vittime sia ascoltata nei procedimenti relativi alla concessione dei permessi premio. “Le vittime devono essere partecipi nel contraddittorio finalizzato al rilascio del permesso premio”, sottolinea, evidenziando come la partecipazione attiva delle parti lese possa garantire una valutazione più completa e consapevole dei rischi legati alle uscite dal carcere. La donna precisa di non essere contraria a prescindere al principio della riabilitazione, cardine della Costituzione italiana, ma ritiene fondamentale distinguere tra i vari casi, soprattutto quando si tratta di reati di estrema gravità e premeditazione. “Non è giusto che io debba perennemente girarmi e guardarmi le spalle per paura di trovarmelo dietro”, spiega Patti, facendo emergere il senso di insicurezza che accompagna molte vittime anche dopo la condanna dei responsabili.

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