
Alle prime luci dell’alba, quando il sole iniziava appena a tingere l’orizzonte di sfumature dorate e l’aria era ancora intrisa della fresca brezza mattutina, un’imbarcazione si stagliava solitaria sulle calme acque. A bordo, un uomo godeva della quiete che solo il mare sa offrire, ignaro che di lì a poco quella pace sarebbe stata squarciata da un pericolo inatteso. Il rombo del motore, fino a quel momento rassicurante, celava una minaccia silenziosa che stava per manifestarsi con violenza inaudita. Un odore acre, inizialmente flebile, ha iniziato all’improvviso a farsi strada, portando con sé un presagio funesto, un indizio di ciò che stava per accadere.

Improvvisamente, una fiammata ha squarciato la serenità del mattino, trasformando il sogno in un incubo. Le fiamme, avide e veloci, avvolsero rapidamente l’imbarcazione, alimentate da chissà quale scintilla fatale. Il fumo denso e nero si levò verso il cielo, una colonna scura che segnalava il dramma in corso, visibile a miglia di distanza come un grido d’aiuto silenzioso. Il calore divenne insopportabile, l’aria irrespirabile. L’uomo, l’unico a bordo, si trovò intrappolato in un inferno galleggiante, con l’unica via di fuga rappresentata dall’immensità liquida che lo circondava. In quegli istanti concitati, la mente elaborò velocemente le opzioni: combattere le fiamme, impresa vana, o affidarsi al mare, l’unica speranza di salvezza.
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