
A 94 anni, Lamberto Dini conserva lucidità e vitalità sorprendenti. Figura centrale della Seconda Repubblica, è stato presidente del Consiglio, ministro del Tesoro, ministro degli Esteri e, per quindici anni, direttore generale della Banca d’Italia. Nella sua lunga carriera ha stretto rapporti con leader internazionali di ogni orientamento, dagli Stati Uniti alla Russia, fino a Fidel Castro.
Intervistato, l’ex premier ha toccato i principali temi della politica estera e interna, dalla guerra in Ucraina alla situazione in Medio Oriente, passando per il futuro dell’economia italiana.

La guerra in Ucraina e il ruolo degli Stati Uniti
Per Dini, la fine del conflitto in Ucraina non sarà un trattato di pace, ma un armistizio favorito dall’intervento di Donald Trump. «È imprevedibile – ha detto – ma in questa occasione mi fido: senza il suo intervento non ci sarebbe stato alcun contatto tra Zelensky e Putin».
Secondo l’ex premier, i timori europei di una possibile estensione del conflitto alla Nato sono «esagerati», poiché «la Russia non ha alcun interesse ad attaccare un Paese dell’Alleanza».
L’Italia e la politica di Meloni
Dini riconosce al governo italiano una linea di prudenza economica e una gestione positiva dei conti pubblici. Sulla premier, il giudizio è netto: «Ha fatto la scelta giusta collocando l’Italia nell’Europa e nella Nato, e costruendo ottimi rapporti con gli Stati Uniti».
Medio Oriente e Israele
L’ex premier non ha risparmiato critiche a Benjamin Netanyahu, accusandolo di voler «realizzare il progetto del Grande Israele» a discapito della possibilità di uno Stato palestinese. «Gli insediamenti in Cisgiordania sono illegali – ha detto – e stanno dividendo il territorio in due».
Su Gaza, il giudizio è ancora più duro: «Vuole impadronirsi della Striscia, senza curarsi del destino dei palestinesi. Gli ostaggi? Da oggi possiamo considerarli tutti morti».

Economia e prospettive
Dini ha riconosciuto al governo di aver creato oltre un milione di posti di lavoro, pur sottolineando la fragilità strutturale del Paese: «I salari sono bassi perché la produttività è bassa. Mancano grandi imprese tecnologiche capaci di trainare la crescita».
Secondo l’ex premier, la fine della guerra porterebbe vantaggi economici solo nel caso di una ripresa dei commerci con la Russia, mentre l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea comporterebbe costi molto alti per il settore agricolo. Ma il passaggio più interessante (e sorprendente) dell’intervista e quando a domanda Lamberto Dini risponde su chi vedrebbe bene al Quirinale, come presidente della Repubblica, dopo Sergio Mattarella.
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