
Negli ultimi mesi, una serie di attacchi mirati ha colpito le principali infrastrutture energetiche russe. Le autorità ammettono che l’ondata di sabotaggi ha compromesso la sicurezza del sistema energetico nazionale, alimentando tensioni crescenti. Mosca si trova ora a fronteggiare un’emergenza che si manifesta con incendi e danni ingenti alle strutture chiave.

Raffinerie in fiamme e aumento del prezzo dei carburanti
Dall’inizio di agosto, dieci importanti raffinerie russe sono state danneggiate da incendi, provocando gravi ripercussioni sulla produzione di carburanti. In Crimea e in Siberia, le difficoltà di approvvigionamento hanno generato lunghe code alle stazioni di servizio e un aumento dei prezzi fino al 50%. In molti casi, il carburante risulta esaurito presso numerosi distributori.
Secondo quanto riportato da Reuters, la capacità di raffinazione di benzina e diesel è diminuita del 17%. Questo calo si verifica in un periodo di alta domanda dovuta alle vacanze estive e alle attività agricole, aggravando il disagio tra la popolazione, che teme una crisi prolungata.

Sviluppo delle tecnologie belliche e impatti sulle infrastrutture
I droni ucraini impiegati negli attacchi sono dotati di sistemi avanzati che permettono di colpire bersagli a oltre 1.000 chilometri di distanza con notevole precisione. I tempi di riparazione delle infrastrutture danneggiate si sono allungati notevolmente, con alcune città chiave come Ryazan, Novokuibyshevsk e Saratov che subiscono gravi rallentamenti produttivi. Inoltre, l’impianto di Novoshankhtinsk continua a essere interessato da incendi persistenti.
In risposta, il governo russo ha disposto il blocco temporaneo delle esportazioni di benzina e gasolio fino a settembre. Le perdite economiche, tuttavia, costringono le autorità a valutare la possibilità di sospendere le forniture anche verso Paesi tradizionalmente alleati, con possibili ricadute diplomatiche.
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