
Ciro Grillo era attesa per oggi una sentenza che avrebbe potuto mettere un punto a uno dei processi più discussi degli ultimi anni, ma un imprevisto drammatico ha cambiato il corso degli eventi. L’udienza che doveva concludersi con le ultime repliche e la decisione finale si è interrotta improvvisamente, lasciando tutti con il fiato sospeso.
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La tragedia che ha fermato il processo
Il colpo di scena è arrivato in aula poco prima dell’apertura dell’udienza: è morto il figlio di Marco Contu, presidente del collegio giudicante. Il ragazzo, 22enne, si è suicidato sotto alla metro B nella stazione San Paolo a Roma ieri, martedì 2 settembre. La notizia, comunicata ai presenti, ha avuto un effetto devastante sul clima del tribunale. Le ultime repliche degli avvocati degli imputati e la camera di consiglio che avrebbe portato alla sentenza sono state sospese.
La data è stata fissata al 22 settembre, quando il tribunale riprenderà da dove si è fermato. La presidente facente funzione, Caterina Interlandi, aveva proposto di riprendere già l’indomani, riferendo che lo stesso Contu sarebbe stato disponibile. Ma la maggior parte degli avvocati si è opposta, ritenendo inaccettabile andare avanti davanti a un padre appena colpito da una perdita così grave.
Le richieste della Procura e l’attesa della sentenza
Il processo vede imputati Ciro Grillo, figlio di Beppe Grillo, insieme a Francesco Corsiglia, Vittorio Lauria ed Edoardo Capitta. La Procura ha chiesto per tutti e quattro la condanna a nove anni di carcere.
Nelle ultime battute prima del rinvio, il procuratore Gregorio Capasso aveva ribadito con forza le sue richieste, sottolineando che la ragazza coinvolta aveva fatto i nomi dei ragazzi sin da subito, riferendo anche una frase inequivocabile sentita in quei momenti: “Prendila, adesso tocca a me”.
La parte civile, rappresentata da Giulia Bongiorno, aveva preso la parola con un’arringa incisiva, mettendo in evidenza la sofferenza subita dalla giovane e le difficoltà di chi sceglie di denunciare una violenza sessuale.
La voce della ragazza e il ruolo della parte civile
Silvia – nome di fantasia con cui viene protetta la ragazza – sei anni fa aveva firmato verbali dettagliati in cui accusava i quattro giovani di averla violentata la mattina del 17 luglio 2019 nella villa della famiglia Grillo a Cala di Volpe, in Costa Smeralda.
La stessa avvocata Giulia Bongiorno, che la difende, ha rivelato un dettaglio personale: la sua assistita le aveva confidato di voler essere presente alla sentenza, dopo sei anni di attesa, pur riconoscendo che tornare in Sardegna sarebbe stato per lei un momento carico di ansia.
La difesa della giovane ha rimarcato come la sua vita sia stata “radiografata e sezionata” in ogni aspetto, sottolineando che nonostante le difficoltà non ha mai smesso di ribadire la propria versione.
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