
Non è un virus, eppure fa paura come e più di molti batteri resistenti agli antibiotici. Si tratta di Candidozyma auris, già nota come Candida auris, un fungo che sta diventando una delle più gravi minacce per i sistemi sanitari europei. Resistente a molti trattamenti antifungini e capace di sopravvivere a lungo sulle superfici, si diffonde rapidamente negli ospedali, mettendo a rischio soprattutto i pazienti più fragili. A lanciare l’allarme è il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), che parla apertamente di una situazione “urgente” da affrontare senza ulteriori ritardi.
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Casi in crescita, Italia tra i Paesi più colpiti
I dati diffusi dall’Ecdc mostrano una tendenza chiara e preoccupante: dal 2013 al 2023 sono stati segnalati oltre 4.000 casi in Europa, con un record assoluto lo scorso anno, quando solo nel 2023 si sono registrati 1.346 contagi in 18 Paesi. In questa triste classifica, l’Italia occupa il terzo posto con 712 casi, subito dopo la Spagna (1.807) e la Grecia (852), e prima di Romania (404) e Germania (120).
Il quadro che emerge è inquietante: nel nostro Paese non si parla più di singoli focolai circoscritti, ma di un’infezione ormai radicata a livello regionale e nazionale, segno che il fungo ha trovato terreno fertile negli ospedali italiani.
Perché Candida auris è così pericolosa
A differenza di altri funghi, Candida auris possiede caratteristiche che la rendono particolarmente difficile da combattere. È altamente resistente ai principali farmaci antifungini, il che rende le cure spesso inefficaci. Non solo: è in grado di sopravvivere per settimane su superfici e strumenti medici, favorendo la trasmissione tra pazienti e reparti.
Le conseguenze sono gravi soprattutto per chi si trova in condizioni di salute già compromesse: pazienti in terapia intensiva, immunodepressi, o sottoposti a trattamenti invasivi. In questi casi, l’infezione può trasformarsi in una minaccia mortale. «C. auris si è diffusa nel giro di pochi anni, passando da casi isolati a una diffusione capillare in alcuni Paesi. Questo dimostra la rapidità con cui può insediarsi negli ospedali», ha spiegato Diamantis Plachouras, responsabile della sezione resistenza antimicrobica dell’Ecdc.
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