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“Hanno due alternative”. Flotilla, cosa succede agli italiani fermati: l’annuncio

Nel tardo pomeriggio del 1° ottobre 2025, la Global Sumud Flotilla in rotta verso Gaza è stata intercettata dall’esercito israeliano a circa 70 miglia dalla Striscia, in acque internazionali. L’operazione, condotta con idranti e abbordaggi notturni, ha portato al fermo di decine di attivisti, tra cui almeno 30 italiani. Tra loro figura anche Alessandro Mantovani, inviato del Fatto Quotidiano, che si trovava a bordo della barca Otaria. Cosa succede adesso agli italiani fermati?

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Le fasi dell’abbordaggio e il trasferimento

Secondo le prime ricostruzioni, l’intercettazione della Flotilla è stata condotta in modo progressivo, con manovre di accerchiamento, disturbo delle comunicazioni e poi l’utilizzo di idranti per rallentare le imbarcazioni. Nella notte, i militari israeliani sono saliti a bordo di diverse navi, prendendo il controllo delle rotte.

Tutti i fermati, tra cui attivisti, giornalisti e parlamentari di diversi Paesi, sono stati caricati su unità navali israeliane e indirizzati verso Ashdod, il principale porto mercantile a nord di Gaza. L’arrivo è previsto nel pomeriggio del 2 ottobre, dopo la fine dello Yom Kippur. Dal porto, i passeggeri verranno trasferiti in centri di trattenimento temporaneo. Lì li attenderanno i consoli europei e i team legali che seguono la missione. La Farnesina ha assicurato che l’ambasciata italiana a Tel Aviv segue la vicenda “con la massima attenzione”, predisponendo un piano di assistenza consolare per i connazionali coinvolti.

Le opzioni offerte agli attivisti

Una nota del Ministero degli Esteri italiano ha chiarito i due possibili scenari che attendono i fermati. La prima opzione è accettare l’espulsione volontaria immediata, con rientro in Europa nei tempi più rapidi possibili, probabilmente già tra venerdì 3 e sabato 4 ottobre. In questo caso, gli attivisti verranno accompagnati in un centro vicino all’aeroporto e poi imbarcati su un volo charter.

La seconda opzione è rifiutare l’espulsione immediata, con conseguente detenzione in carcere in attesa del rimpatrio forzato. Chi sceglierà questa strada verrà sottoposto a un procedimento davanti a un giudice israeliano, che solitamente si esprime entro 48-72 ore. Tuttavia, a causa delle festività ebraiche, i tempi potrebbero allungarsi di diversi giorni.

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