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Terremoto al governo, il centrodestra si spacca: cosa succede

Antonio Tajani e Matteo Salvini durante un incontro politico

Nel contesto della politica italiana degli ultimi anni, la coalizione di centrodestra emersa dalle elezioni vede una struttura di potere inedita e fortemente dinamica. La guida di Giorgia Meloni si fonda su un’alleanza composita, in cui Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia ricoprono ruoli cruciali, ma non sempre allineati. L’apparente compattezza della maggioranza cela infatti, sotto la superficie, una serie di interessi divergenti e ambizioni personali che rischiano di minare la stabilità dell’esecutivo.

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La fragilità del centrodestra nella dinamica tra Matteo Salvini e Antonio Tajani

Il tema della leadership all’interno della coalizione non si esaurisce in una semplice questione di ruoli formali. La domanda su chi, tra Matteo Salvini e Antonio Tajani, possa essere considerato il vero “braccio destro” della premier, rappresenta il nodo centrale per comprendere le dinamiche interne e la potenziale fragilità politica della maggioranza. Per Giorgia Meloni, l’assenza di un vice unico e indiscusso costituisce al tempo stesso una strategia di equilibrio e una fonte costante di rischio.

Le origini di questa situazione vanno ricercate nella storia recente dei partiti coinvolti. Da un lato, la Lega di Salvini si è affermata come forza trainante del centrodestra grazie a una leadership fortemente personalistica e a una comunicazione diretta, spesso conflittuale, che ha permesso al partito di imporsi sulla scena nazionale. Dall’altro, Forza Italia, sotto la guida di Tajani dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi, ha puntato sulla continuità istituzionale e sull’esperienza internazionale.

Matteo Salvini e Antonio Tajani a confronto durante un evento pubblico

Il dualismo e le ambizioni nella leadership del centrodestra

La figura di Matteo Salvini si caratterizza per una leadership energica e spesso orientata al confronto diretto. Il suo percorso, culminato nella conquista della segreteria della Lega e nella progressiva marginalizzazione delle vecchie figure del partito, testimonia una determinazione a mantenere la centralità nell’alleanza. Per Salvini, accettare un ruolo subordinato rispetto a Meloni o Tajani equivarrebbe a rinunciare a una parte fondamentale della propria identità politica.

Al contrario, Antonio Tajani porta in dote un bagaglio istituzionale unico, maturato sia nelle istituzioni europee che nella gestione interna di Forza Italia. La sua autorevolezza, riconosciuta anche fuori dai confini nazionali, lo rende un interlocutore privilegiato nei dossier più delicati, soprattutto in ambito europeo. “Per Tajani, accettare di essere il mero ‘sottoposto’ di Salvini risulterebbe inaccettabile”, sottolineano fonti vicine al partito, evidenziando la distanza tra le rispettive carature politiche. In questo scenario, Meloni si trova a gestire non un semplice rapporto di comando con un vice, ma una costellazione di alleati che ambiscono a mantenere una posizione di parità e autonomia.

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