
Un evento drammatico ha sconvolto il panorama dell’informazione italiana: nella notte, un ordigno ha completamente distrutto l’auto di Sigfrido Ranucci, storico conduttore di Report, e quella della figlia, entrambe parcheggiate davanti alla loro casa a Pomezia. L’esplosione, che fortunatamente non ha provocato feriti, è stata immediatamente considerata un atto deliberato e ha scatenato un’ondata di reazioni tra colleghi, esponenti politici e vertici Rai. Il clima di tensione nei confronti del giornalismo d’inchiesta è subito tornato al centro del dibattito pubblico. Le reazioni a caldo sono state numerose e, in alcuni casi, accompagnate da polemiche politiche che hanno evidenziato un clima di tensione crescente.
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Attentato a Sigfrido Ranucci: un gesto che scuote il giornalismo italiano
Il gesto, di una gravità senza precedenti, ha rilanciato il tema della sicurezza dei giornalisti e della libertà d’informazione in Italia. Diversi osservatori sottolineano come si tratti di un attacco diretto non solo alla persona di Ranucci, ma alla funzione stessa del giornalismo investigativo. Nel contesto italiano, la protezione dei giornalisti è spesso oggetto di dibattito, specialmente quando si verificano episodi che ricordano i periodi più difficili della storia repubblicana. L’attentato a Ranucci si inserisce in una stagione già segnata da tensioni tra media e istituzioni, e riporta alla luce la necessità di salvaguardare chi svolge il proprio lavoro con coraggio in un contesto sempre più difficile.
Le prime indagini sono state avviate con rapidità, mentre la solidarietà nei confronti di Ranucci non si è fatta attendere. La vicenda ha immediatamente assunto una dimensione nazionale, con l’intervento delle principali organizzazioni di categoria e dichiarazioni da parte di rappresentanti delle istituzioni.

La denuncia di Usigrai: “Clima d’odio pericoloso”
L’Usigrai, sindacato dei giornalisti Rai, ha rilasciato una dichiarazione ufficiale di forte preoccupazione, puntando il dito contro il progressivo deterioramento del clima verso il giornalismo investigativo. Secondo l’organizzazione, “È un inquietante salto di qualità dopo la campagna d’odio – scrive l’Usigrai – culminata nelle parole della seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa, che ha definito i giornalisti di Report ‘calunniatori seriali’ in prima serata su Rai 1, senza che né l’azienda né il conduttore prendessero le distanze.”
Il sindacato evidenzia come negli ultimi mesi si sia assistito a un inasprimento degli attacchi pubblici contro la trasmissione di Rai 3, sia in ambito politico che mediatico. Questi attacchi, secondo Usigrai, avrebbero contribuito a creare un clima in cui gesti estremi diventano possibili. L’organizzazione richiama la necessità di “non tacere più” di fronte a simili episodi e chiede un’assunzione di responsabilità collettiva.
L’episodio ha inoltre riportato al centro del dibattito la questione della riduzione degli spazi concessi all’informazione d’inchiesta e della crescente insofferenza verso chi si occupa di temi scomodi. Secondo Usigrai, queste dinamiche rischiano di legittimare chi considera il giornalismo un bersaglio.
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