
C’è un vento di inquietudine che soffia sull’Europa. Dalla Scandinavia ai Balcani, passando per il cuore del continente, sempre più governi stanno valutando come rafforzare le proprie forze armate in un clima internazionale che non promette stabilità. Il ritorno del conflitto in Europa, con la guerra in Ucraina ancora in corso e le tensioni crescenti con la Russia, ha riacceso un dibattito che sembrava archiviato da decenni: quello sulla leva militare obbligatoria.
Mentre alcuni Paesi si preparano a reintrodurla, altri – come l’Italia – scelgono una via diversa, puntando su un modello più moderno, tecnologico e selettivo.
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La posizione dell’Italia: una riserva militare, non la leva obbligatoria
A chiarire la posizione del governo italiano è stato il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervenuto a Trieste con parole che non lasciano spazio a interpretazioni. «Non serve avere tante persone che sanno fare nulla, ma poche persone che sanno fare molto», ha dichiarato, annunciando la volontà di creare una forza di riserva nazionale senza tornare al servizio di leva obbligatorio.
L’obiettivo del ministro è potenziare la capacità di risposta dell’Esercito attraverso un corpo di riservisti altamente addestrati, pronti a intervenire in situazioni di emergenza o di crisi internazionale, ma senza obbligare l’intera popolazione giovanile a un servizio militare generalizzato.
Crosetto ha parlato di una “difesa intelligente e sostenibile”, che guarda alla qualità più che alla quantità: pochi soldati, ma meglio formati, meglio equipaggiati e meglio retribuiti.
Come funzionerebbe l’Esercito di riserva
Secondo le prime anticipazioni, il piano del ministero prevede un Esercito di riserva composto da cittadini che abbiano già ricevuto una formazione militare o che scelgano volontariamente di arruolarsi per periodi brevi, rinnovabili nel tempo.
Questo modello, già adottato in altri Paesi occidentali come gli Stati Uniti e la Francia, consentirebbe di disporre rapidamente di personale esperto in caso di necessità, senza dover ricorrere alla leva obbligatoria.
Il progetto prevede anche una collaborazione più stretta tra il Ministero della Difesa e la Protezione Civile, in modo che i riservisti possano essere impiegati anche in missioni civili, come operazioni di soccorso o gestione di emergenze ambientali. Un approccio che unisce sicurezza militare e servizio alla comunità, rendendo più accettabile – anche sul piano sociale – l’idea di una riserva armata.
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