
Il caso Garlasco torna a far discutere con nuove ombre e retroscena che riaprono un capitolo che sembrava ormai chiuso. A distanza di anni dall’omicidio di Chiara Poggi, le parole del generale Luciano Garofano, ex comandante dei Ris di Parma, hanno riacceso l’attenzione mediatica e giudiziaria. Ospite di Storie Italiane, il generale ha rivelato dettagli inediti su una consulenza tecnica del 2017 mai depositata alla Procura di Pavia. Un dettaglio che rimette al centro la figura dell’avvocato Massimo Lovati, già coinvolto nella difesa di uno dei nomi finiti ai margini dell’inchiesta: Andrea Sempio.
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Una consulenza sparita: cosa rivelano i documenti del 2017
Il generale Garofano ha raccontato che nel gennaio del 2017 venne contattato da Lovati per una verifica tecnica sul materiale genetico legato al caso Poggi. Si trattava di una richiesta ufficiale, formalizzata con due email inviate dagli avvocati l’11 e il 13 gennaio. A Garofano venne chiesto di analizzare un campione attribuito ad Andrea Sempio, per chiarire le voci secondo cui il suo profilo genetico potesse risultare compatibile con quello rinvenuto sulla scena del crimine.
Il generale ha specificato che la consulenza, commissionata e regolarmente fatturata alla famiglia Sempio, venne completata e consegnata agli avvocati il 27 gennaio 2017. Tuttavia, la scoperta più inquietante è arrivata solo anni dopo: quel documento non fu mai depositato agli atti della Procura.
“Pensavo fosse agli atti, e quando appresi che la posizione era stata archiviata credetti di aver dato un contributo utile”, ha spiegato Garofano. “Mi è stato poi detto che non era necessario depositarla. Sono rimasto sorpreso”.
Il ruolo di Lovati e i dubbi sulla gestione della difesa
Secondo Garofano, fu proprio Massimo Lovati a chiedergli l’intervento tecnico, spinto dalle indiscrezioni su presunte compatibilità genetiche. “Mi chiese di verificare perché circolava voce che la perizia di De Stefano non fosse stata del tutto condivisa da altri laboratori”, ha detto. “Il mio ruolo era solo tecnico. Non potevo sapere se la documentazione fosse riservata, né ero tenuto a saperlo”.
Le sue parole gettano una nuova luce sull’operato di Lovati e sull’intera gestione delle consulenze legate alla difesa. Se la relazione di Garofano non è mai stata formalmente depositata, chi decise di fermare l’iter? E soprattutto, perché? Domande che, a oggi, restano senza risposta. Garofano stesso ha dichiarato di attendere chiarimenti: “Non lo so. I difensori avranno avuto le loro strategie”.
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