
Personaggi tv. ”È una malattia”. Gerry Scotti si racconta: ne soffrono parecchi colleghi, ma non lo dicono – C’è un momento, nella lunga carriera di Gerry Scotti, in cui la leggerezza incontra la consapevolezza. Il conduttore, volto simbolo della televisione italiana, oggi torna a raccontarsi con la sua solita ironia in un’intervista a Tv Sorrisi e Canzoni, tra bilanci, riflessioni e nuovi progetti. E ammette, con quella schiettezza che lo ha reso familiare a milioni di telespettatori: «È una malattia che chi fa questo lavoro deve rifuggire».

Gerry Scotti si racconta: “È una malattia…”, ne soffrono parecchi colleghi ma non lo dicono
Ma non si riferisce a un problema di salute nel senso stretto del termine. Piuttosto, parla di qualcosa che, nel mondo della tv, può diventare un’ossessione: gli ascolti, l’Auditel, la febbre quotidiana di chi vive di numeri e percentuali. «Andare a letto pensando all’Auditel, svegliarsi pensando all’Auditel…», confessa Scotti. «È una malattia che io e alcuni colleghi, come Carlo Conti, abbiamo imparato a curare». Una frase che pesa come una piccola rivelazione in un ambiente dove l’indice di ascolto può valere più di qualsiasi applauso. Scotti non lo demonizza, ma invita a metterlo al suo posto. «L’Auditel serve, ma non deve diventare una mania. Quando lo diventa, ti consuma», ha affermato.
Eppure, i suoi numeri parlano chiaro: oltre 4 milioni di spettatori di media e più del 25% di share per La Ruota della Fortuna, un successo che sembra riportare la televisione a un tempo più genuino, quello dei giochi popolari ma eleganti, delle famiglie riunite sul divano prima di cena. «Ho cercato di comportarmi con sobrietà anche quando ho fatto il 27%», scherza lui. «Non bisogna mai perdere la misura».


“La Ruota” come un dolce di famiglia
Per Scotti, il segreto del successo è semplice e profondo allo stesso tempo: la freschezza. «Siamo come una torta di mele: la fanno tutti, ma noi la facciamo fresca ogni giorno. Puoi avere il format più bello del mondo, ma se lo servi male, la gente non ti perdona». Con La Ruota della Fortuna, Gerry ha ricreato una routine affettuosa, quasi domestica. «Ai miei tempi le mamme dicevano: “A letto dopo Carosello”. Adesso dicono: “Vedi la Ruota e poi a letto”». Una nuova abitudine collettiva, che ha trasformato il preserale di Canale 5 in una nuova prima serata per famiglie. Dietro le quinte, la sua giornata è scandita da una disciplina ferrea. Sveglia alle sette, ginnastica per gambe e schiena, poi le registrazioni: due o tre puntate di fila, tra risate e concentrazione. La sera, se la compagna Gabriella accende la tv, lui si rivede con curiosità: «Avendo girato tante puntate una dietro l’altra, spesso non ricordo le risposte!».
Nel programma ripete spesso una frase diventata un marchio: «Bravo, ma fortunato». «È il paradigma della vita», spiega. «Puoi essere preparato, ma senza fortuna non arrivi lontano. E se sei solo fortunato ma non ci metti impegno, non serve a nulla». Una lezione che impartisce con lo stesso tono paterno con cui parla ai suoi concorrenti: «Quando se ne vanno, anche se non hanno vinto, mi dicono che sono felici di averci provato. Ecco, questo per me è già un premio».
Scopriamo tutti i dettagli nella pagina successiva