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Famiglia nel bosco, il duro sfogo di Paolo Crepet

Negli ultimi giorni, il caso della “famiglia nel bosco” ha catturato l’attenzione mediatica e sollevato molte polemiche. Tre bambini, di 6 e 8 anni, sono stati allontanati dai genitori dopo che il Tribunale dei minori ha deciso di trasferirli in una struttura protetta. La ragione? I genitori avevano scelto di vivere in un ambiente fuori dal comune, tra i boschi di Palmoli, in provincia di Chieti (Abruzzo). Una decisione alternativa, lontana dalla vita urbana, che ha scatenato il dibattito: fino a che punto lo Stato può intervenire nelle scelte educative di una famiglia?

Su questo sfondo si inserisce un intervento netto e provocatorio di Paolo Crepet, noto psichiatra e sociologo, durante la trasmissione Quarta Repubblica su Rete 4, condotta da Nicola Porro. Le sue parole sono state dure e precise, puntando il dito contro ciò che ritiene un pericoloso pregiudizio nei confronti di una vita “diversa”.

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Il tono di Crepet: serietà e critiche pesanti

Crepet non ha usato mezzi termini: “Che non ci sia una televisione in casa non può essere motivo per nessuno per togliere un bambino da quel contesto”. Secondo lui, l’assenza di uno schermo in salotto non è una colpa né un difetto che giustifichi l’interferenza giudiziaria. Ha invitato tutti a prendere sul serio la questione: “Per favore cerchiamo di stare seri”.

Ha continuato, ricordando che la tv non è sempre un bene assoluto: “La televisione non ha fatto solo del bene all’umanità, giusto?”. Ha evidenziato come l’esposizione ai cartoni animati violenti, specialmente in un’età in cui i bambini sono impressionabili, possa avere effetti negativi: “Rimbecillirsi con dei cartoni animati violenti a 12 anni non è la cosa migliore”. Parole forti, che scuotono uno stereotipo: non è la mancanza della tv il problema, ma la qualità e il contenuto di ciò che vi si guarda.

La discussione con Porro

Il conduttore Nicola Porro, durante l’intervista, ha cercato di smontare la posizione di Crepet, affermando che “uno sceglie come gli pare”: se una famiglia decide di vivere lontano dalla tecnologia, è una loro scelta. Ma Crepet ha replicato: “Sì però dipende anche da chi c’è in casa … perché se c’è una nonna che ti fa una crostata è già un’altra cosa, ma se non c’è il diavolo di nessuno quel cartone animato ti fa male perché c’è una eco che ti rimbomba nella testa”.

Con questa metafora, Crepet ha voluto sottolineare che il contesto familiare è fondamentale: non è solo la tecnologia che conta, ma le relazioni umane, la qualità della vita domestica e l’accompagnamento affettivo. Se non ci sono figure di riferimento (come i nonni, o adulti attenti), l’impatto della tv (o di altri media) può diventare più pericoloso.

Il nodo delle relazioni fra i bambini

Porro ha poi sollevato un’altra questione: tre bambini in una famiglia “fuori dalla norma” bastano per garantire il loro sviluppo emotivo e sociale?. Crepet ha risposto con pragmatismo: “I bambini stanno bene con gli altri bambini!”. Questa frase racchiude un punto importante della sua visione: non è indispensabile un’infinità di figure o risorse materiali, ma la presenza di pari con cui giocare, crescere e costruire legami reali.

Crepet sembra voler mettere in guardia da due possibili estremi: da un lato, una visione paternalistica che giudica qualsiasi scelta alternativa come dannosa; dall’altro, un’idealizzazione romantica del “rinnovamento naturale” senza considerare i bisogni affettivi concreti dei bambini.

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