
È una mattina d’inverno quando Mustafà riapre la portiera della sua auto semi‑parcheggiata nei pressi di Mestre. Il motore è freddo, come le notti che sono diventate il suo letto da mesi. Dentro non c’è nulla di più che qualche coperta. Ma quello spazio angusto è tutto ciò che resta di una promessa: l’appartamento che gli era stato promesso dal padre adottivo come casa per sempre. Una storia di guerra, fuga e speranza tradita, ora intrappolata nelle pieghe di una normativa che promette di cambiare il corso delle occupazioni abusive in Italia.


La storia di Mustafà: tra diritto, ingiustizia e speranza di reintegro
La vicenda di Mustafà, montenegrino residente a Mestre, incarna le difficoltà vissute da chi si trova ad essere legittimo proprietario ma privo di accesso alla propria casa. Mustafà racconta di aver conosciuto il padre adottivo in un campo profughi negli anni Novanta, dopo aver lasciato i Balcani in guerra. «Ho vissuto lì per quasi quindici anni», spiega ricordando il legame che lo legava all’uomo che gli promise un futuro sicuro.
Ma quella promessa non si è mai concretizzata: una volta rientrato nella casa ereditata, tre mesi fa, sarebbe stato respinto da due occupanti abusivi, un brasiliano e un russo amici del padre, che lo hanno persino aggredito fisicamente e verbalmente.

Le notti in macchina: e l’appello al decreto sicurezza
La situazione si è aggravata fino a costringerlo a vivere nell’auto. «Non è facile. Sto male, ho mal di schiena, sono a pezzi», racconta mostrando il veicolo che ha sostituito qualsiasi dimora. «Mi manca lavarmi e ho perso quasi 17 chili». La sua casa resta occupata, malgrado disponga di un testamento olografo regolare e della dichiarazione di successione, come riportato anche in televisione.
Con l’entrata in vigore del Decreto Sicurezza 2025 si apre uno spiraglio legislativo che potrebbe finalmente consentire a Mustafà di ottenere l’intervento immediato delle forze dell’ordine per liberare la sua abitazione, qualora questa risulti la sua unica abitazione effettiva. La riforma, però, è al centro di un dibattito acceso. Critici sostengono, come leggiamo su Amnesty International, che l’ampliamento delle competenze delle forze dell’ordine e l’introduzione di pene più severe possano sollevare questioni di diritti fondamentali, soprattutto nei casi che non rientrano nella più chiara fattispecie di violenza o minaccia.
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