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Garlasco, De Rensis choc: svolta sempre più nera. Cosa cambia adesso

L'avvocato Gian Luigi De Rensis durante un intervento televisivo

Garlasco, De Rensis choc: svolta sempre più nera. Cosa cambia adesso – Il delitto di Garlasco continua a essere uno dei casi giudiziari più discussi in Italia, non solo per la sua drammaticità, ma per l’enorme impatto che ha avuto sull’opinione pubblica e sui media. A distanza di anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il fascicolo giudiziario è tornato al centro dell’attenzione grazie a una nuova puntata di “Zona Bianca” su Retequattro, dove il legale di Alberto Stasi, l’avvocato Gian Luigi De Rensis, ha utilizzato espressioni molto dure per descrivere le indagini. Le dichiarazioni rilasciate in trasmissione hanno rilanciato il dibattito sugli errori investigativi, sulle perizie tecniche e sulla solidità della verità processuale emersa nei vari gradi di giudizio. In particolare, l’attenzione si è concentrata sui presunti “errori/orrori” individuati a distanza di tempo, che per la difesa rappresentano un segnale di criticità dell’intero impianto investigativo.

Avvocato Antonio De Rensis, protagonista della discussione in studio

Garlasco, De Rensis choc: svolta sempre più nera. Cosa cambia adesso

La puntata, andata in onda in prima serata, si inserisce in un filone ormai consolidato: il caso Garlasco come paradigma di come la televisione affronta i grandi delitti, alternando ricostruzioni, interviste, analisi di esperti e confronti in studio. Questo meccanismo contribuisce a tenere viva una vicenda che, pur essendo conclusa sul piano giudiziario, resta centrale nel dibattito pubblico. Il nome di Garlasco, da semplice riferimento geografico in provincia di Pavia, è diventato nel tempo un simbolo di indagini controverse, di ricostruzioni discordanti e di una giustizia percepita da molti come non del tutto lineare. Ogni nuova comparsa in tv o sui media digitali riapre domande su colpe, responsabilità, strumenti scientifici utilizzati e metodologie investigative.

Il caso Garlasco tra cronaca, processo mediatico e memoria collettiva

La vicenda dell’omicidio di Chiara Poggi ha progressivamente oltrepassato i confini della cronaca giudiziaria, trasformandosi in un vero e proprio caso mediatico di lungo periodo. Le immagini della villetta, i filmati d’archivio, le ricostruzioni in studio e i contributi di esperti sono diventati elementi ricorrenti nel racconto televisivo e giornalistico. Nel corso degli anni, il processo a carico di Alberto Stasi, le diverse sentenze, le perizie tecniche e i successivi approfondimenti hanno alimentato un flusso costante di contenuti: dai talk show alle inchieste televisive, fino ai podcast di true crime. Ogni nuovo dettaglio o elemento reinterpretato è stato spesso accompagnato da un’ampia eco sui social network, dove il confronto tra utenti, giornalisti e commentatori ha amplificato ulteriormente la portata del caso. Il delitto di Garlasco è così entrato stabilmente nell’immaginario collettivo come esempio di indagine complessa e contestata. Da un lato vi è la sentenza definitiva, dall’altro una persistenza di dubbi e interrogativi che continuano a emergere, soprattutto ogni volta che si parla di nuove analisi, possibili errori o differenti letture dei dati scientifici.

Questa dimensione mediatica ha reso il caso una sorta di “specchio” delle discussioni più ampie sul rapporto tra giustizia, informazione e scienza forense. Il modo in cui tv e giornali raccontano i fatti, selezionano gli esperti e presentano le perizie diventa parte integrante della percezione pubblica di ciò che è accaduto, influenzando in modo significativo il dibattito collettivo.

Immagine di Chiara Poggi, vittima del delitto di Garlasco
Immagini dei rilievi e delle impronte del caso Garlasco

“Zona Bianca” e il ritorno sugli errori delle indagini

Nel contesto delle trasmissioni che hanno più volte ripreso il caso Garlasco, “Zona Bianca”, condotto da Giuseppe Brindisi su Retequattro, ha dedicato una nuova puntata alla vicenda nella serata di martedì 30 dicembre 2025. L’episodio si inserisce in un ciclo di appuntamenti festivi, ma il tono è stato marcatamente concentrato sugli aspetti tecnici e sulle criticità emerse dalle indagini. Al centro dell’attenzione vi è stata in particolare la segnalazione di circa 70 errori rilevati nell’ambito di una recente analisi del fascicolo. Si tratta di rilievi, omissioni e presunte incongruenze che, secondo quanto illustrato in trasmissione, avrebbero interessato diversi passaggi dell’attività investigativa e delle valutazioni tecniche effettuate nel corso degli anni. Il programma ha ricostruito alcune delle fasi principali delle indagini, soffermandosi su rilievi di scena del crimine, analisi delle tracce biologiche, orari e movimenti, oltre che su elementi probatori già noti ma riletti alla luce di queste nuove segnalazioni. Il tutto con l’obiettivo dichiarato di approfondire la tenuta complessiva dell’impianto investigativo.

In studio erano presenti più voci, tra cui l’avvocato Gian Luigi De Rensis, difensore di Alberto Stasi, e l’ex magistrato Simonetta Matone, chiamati a commentare gli sviluppi e a esprimersi su come la gestione delle indagini e del processo abbia inciso sulla definizione delle responsabilità. La discussione si è concentrata soprattutto sulla differenza tra verità processuale e valutazioni tecniche successive.

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