
#Meloni: “vado al seggio ma non ritiro le schede”
— Malgradotutto (@malgradotutto) June 6, 2025
Avvocato @LuigiLigotti : “la presidente @GiorgiaMeloni è consapevole che sta facendo un gesto di propaganda, diventa un messaggio per gli elettori, e la propaganda, quando c’è il silenzio elettorale, è un REATO”#referendum2025 pic.twitter.com/74kL364Tqo
Silenzio elettorale e referendum: un terreno di scontro interpretativo
Nel caso specifico del referendum, come ricorda “Il Giornale”, la disciplina del silenzio elettorale prevista dalla legge n. 212/1956 è chiara: ogni forma di propaganda è vietata nelle 24 ore precedenti l’apertura dei seggi. Ma la questione posta da Li Gotti va oltre il dettato normativo: si concentra sull’intenzionalità del gesto. Per il giurista, il semplice annunciare un atto simbolico – come recarsi al seggio per poi rifiutare le schede – potrebbe condizionare l’elettorato.
Tuttavia, come ricordano molti costituzionalisti, in assenza di un’esortazione esplicita all’astensione, simili comportamenti rientrano nella libertà di espressione del pensiero politico, soprattutto se effettuati senza dichiarazioni dirette. Eppure, secondo Li Gotti, in questo caso ci sarebbe una “consapevolezza comunicativa” tale da configurare una propaganda occulta. Una tesi che solleva interrogativi sulla tenuta dei confini democratici tra libertà politica e divieto legale.
In un momento in cui il Paese si appresta a decidere su temi fondamentali per il suo futuro, la tensione tra potere giudiziario e rappresentanza politica si fa sempre più evidente. E la premier Meloni, ancora una volta, si ritrova al centro di un processo che è prima mediatico e solo poi – forse – giuridico.