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Sanremo non è più “cosa Rai”, svolta storica: cosa succede ora al festival

Sanremo non è più “cosa Rai”, svolta storica: cosa succede ora al festival – Sanremo non è solo un Festival. È un rito collettivo, un appuntamento nazionale che si attende per un anno intero e che, per cinque sere, si prende la scena come pochi altri eventi sanno fare. Ecco perché la decisione appena arrivata dal Consiglio di Stato ha il sapore di una vera e propria rivoluzione: il Festival della Canzone Italiana non potrà più essere affidato direttamente alla Rai. D’ora in poi, si andrà a gara pubblica.

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Sanremo non è più “cosa Rai”, svolta storica: cosa succede ora al festival

La sentenza, che conferma quanto già stabilito dal TAR della Liguria, ha respinto tutti gli appelli: quelli della Rai, di Rai Pubblicità e perfino del Comune di Sanremo. Una bocciatura senza appello che segna la fine di un’epoca. Le edizioni 2024 e 2025, già assegnate senza gara, sono ormai storia. Dal 2026 in poi, si cambia registro. Niente scorciatoie, niente assegnazioni dirette. Non si tratta solo di un cavillo amministrativo, ma di un cambio di paradigma. Il Consiglio di Stato ha chiarito che il Festival è un bene pubblico e, come tale, deve essere affidato nel rispetto dei principi di concorrenza, trasparenza e imparzialità.

Festival di Sanremo, il Consiglio di Stato respinge gli appelli della Rai

La Rai, che ha cucito Sanremo al proprio nome fin dal 1951, si ritrova dunque tagliata fuori da qualsiasi corsia preferenziale. E anche gli interventi delle associazioni dei consumatori, che avevano provato a inserirsi nel giudizio, sono stati dichiarati inammissibili. E adesso? La domanda è tutt’altro che accademica. Chi guiderà la macchina complessa e delicata del Festival nei prossimi anni? A oggi, per il triennio 2026-2028, alla gara pubblica si è presentata soltanto la Rai. Ma ora non basta trasmettere: bisogna produrre, organizzare, garantire qualità artistica, sostenibilità economica e tenuta mediatica. È una sfida da far tremare i polsi, anche per chi ha anni di esperienza sul campo. Il rischio? Che, in nome della trasparenza, si perda l’anima. Ma è anche un’occasione irripetibile per ripensare tutto da capo.

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