Le ombre: l’alcol, la malattia e il trapianto di fegato
Dietro il volto allegro e la battuta sempre pronta, Mauro Di Francesco nascondeva fragilità profonde. Negli anni ha parlato senza filtri dei suoi problemi di salute e degli abusi che lo avevano segnato.
“Mai una pera, qualche canna, la cocaina l’ho provata una sola volta e poi ho lasciato perdere”, raccontava in un’intervista. Ma con l’alcol fu diverso: “Nel mio caso non è un problema di quantità — dicevano i miei medici — ero proprio predisposto.”
Il risultato fu un trapianto di fegato che gli salvò la vita, ma che ne segnò irrimediabilmente il corpo e la carriera. Gli anni successivi furono una lotta continua tra la voglia di vivere e il peso di una fama che non lo aveva mai davvero abbandonato, ma che lui preferì lasciare alle spalle.
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Lontano dai riflettori, fino all’ultimo film con Jerry Calà
Negli ultimi tempi Mauro Di Francesco viveva in silenzio, lontano dai set e dalle interviste. Si era ritirato in Toscana, preferendo la tranquillità alla ribalta.
Il suo ultimo lavoro cinematografico risale al 2017, con Odissea nell’ospizio diretto dall’amico di sempre Jerry Calà. Un film che, a modo suo, chiudeva un cerchio: una commedia malinconica sull’invecchiare, sull’amicizia, su quegli anni che non tornano più.
Negli ultimi anni aveva parlato con sincerità del suo passato, tra rimpianti e riconoscenza: “Sono rimasto sveglio tre giorni, dormivo da mia nonna e mi ripetevo: ‘Io non sono fatto per quella roba’. È stato un periodo assurdo, ma anche pieno di vita.”