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Lutto nel giornalismo: è morto a 94 anni Furio Colombo

La carriera di Furio Colombo morto oggi a 94 anni

Colombo nel 2001 venne nominato direttore de l’Unità, incarico che ha mantenuto fino al 2005, quando venne sostituito dal suo condirettore Antonio Padellaro. È stato nel 2009 tra i cofondatori de il Fatto Quotidiano, nonché editorialista del giornale fino al 13 maggio 2022, quando, a causa di dissapori sorti dopo l’invasione russa dell’Ucraina, decise di lasciare la testata giornalistica con una lettera aperta rivolta al direttore Marco Travaglio e al terzo fondatore Antonio Padellaro, criticando la linea filo-putiniana sul conflitto tra Mosca e Kiev, raccontata sul giornale da Alessandro Orsini. Nel maggio 2022 decise di tornare a collaborare con la Repubblica. Nel settembre 1991 Furio Colombo sopravvisse ad un incidente aereo: è accaduto mentre viaggiava su un piccolo velivolo con una troupe della Rai per andare a intervistare Gerhard Schröder per un programma sulla riunificazione tedesca. Durante l’atterraggio all’aeroporto di Kiel il mezzo uscì di pista, causando la morte di una giovane produttrice. (continua a leggere dopo le foto)

Gli anni terribili delle leggi razziali e la battaglia per istituire il giorno della Memoria

Come dicevamo in apertura Furio Colombo apparteneva ad una famiglia ebraica. In un’intervista all’«Espresso» descrisse così gli anni terribili in cui furono promulgate le leggi razziali: «Vivevo a Torino. Ricordo che i bambini delle scuole elementari venivano tutti riuniti nell’aula magna affinché ai bambini cristiani venissero indicati i bambini ebrei che sarebbero stati espulsi per sempre dalle scuole del Regno, come si diceva allora. E ricordo anche che, quando i bambini elencati furono invitati a lasciare l’aula, non ci fu un solo insegnante della scuola elementare Michele Coppino di Torino, quartiere Crocetta, ad opporsi, nessun insegnante diede un ultimo saluto, un addio agli scolari ebrei». Quando iniziò la sua battaglia per istituire il Giorno della memoria, nel 1996, era appena rientrato in Italia dopo un soggiorno in America: «Tornai su richiesta di Prodi e Veltroni, mi candidai e venni eletto, prima alla Camera dei deputati e poi in Senato. E da lì è iniziata la mia vita in Italia da adulto. Non volevo però che la mia parte di vita da non adulto venisse trascurata o considerata un fatto normale». (continua a leggere dopo le foto)

Tra le ultime interviste quella concessa a “L’Espresso”

La data che Colombo propose all’inizio per il Giorno della memoria era un’altra: 16 ottobre 1943, ricordata per il rastrellamento del ghetto ebraico di Roma. Poi la scelta di cambiare idea: «Il 16 ottobre 1943 era una data alla quale io tenevo molto perché mi pareva il più orrendo e offensivo tra i tanti episodi italiani. Fu Tullia Zevi, allora presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, a suggerirmi il cambio di data. Mi disse che dovevano essere inclusi anche i prigionieri politici e militari italiani che avevano rifiutato di collaborare con i tedeschi e avevano preferito rimanere chiusi in un campo di concentramento. Tullia Zevi, che era un personaggio di grande valore intellettuale e umano, mi disse: abbiamo sofferto, ma non da soli. Mi diede un saggio suggerimento di inclusione», confidò il giornalista sempre a «L’Espresso». Una delle sue ultime interviste.

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