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Ornella Vanoni e l’eredità: patrimonio da capogiro

Personaggi tv. Ornella Vanoni e l’eredità: patrimonio da capogiro – Se n’è andata così, con la discrezione di sempre, lasciando dietro di sé quel timbro caldo e inconfondibile che per oltre sessant’anni ha attraversato la storia della musica italiana. Ornella Vanoni, 91 anni, non era solo una cantante: era un modo di stare al mondo, una presenza artistica che ha saputo trasformarsi, reinventarsi e raccontare l’amore come pochi altri. Nelle ultime ore circolano anche i dettagli delle sue telefonate finali, in cui confidava un dolore improvviso alla schiena, come «un coltello che ti trapassa», e la decisione di farsi vedere in una clinica di Pavia, «dove sono bravissimi». Una fragilità rivelata senza filtri, come era nel suo stile.

Ornella Vanoni e l’eredità: patrimonio da capogiro

Dietro oltre 100 dischi pubblicati e più di 55 milioni di copie vendute, si nascondeva una realtà economica che nessuno avrebbe immaginato. Ornella era la prima a ridere della bufala dei “118 milioni di patrimonio”. «Se fosse vero vivrei su un’isola nel Pacifico», diceva. La verità, però, era più spietata: disorganizzazione, fiducia mal riposta e una costante solitudine nelle scelte finanziarie. Raccontava di cachet incassati solo in parte dopo le tournée, certa che nessuno avrebbe osato approfittare di lei. E poi quella mania, quasi terapeutica, di comprare case, arredarle con cura e rivenderle a metà prezzo. «Ho sempre perso tutto», ammetteva con una sincerità che spiazzava.

Brera, l’ultimo rifugio: una casa che la “stava aspettando”

La sua Milano era Brera, un quartiere che sentiva cucito addosso. L’appartamento lo comprò d’impulso, appena rientrata da New York: nessuna strategia, solo un’intuizione. «Quella casa mi stava aspettando», confidava. Piccola, luminosa, piena di verde, con un camino che scaldava più del riscaldamento e opere d’arte sparse ovunque. Regali di amici illustri, pezzi comprati durante viaggi lontani, oggetti che per lei avevano un valore affettivo prima che economico. C’erano le sculture di Melotti, i pulcini di Murano di Alessandro Pianon acquistati in un’asta americana, i colori morbidi che avvolgevano chi entrava. Era un luogo raccolto, intimo, che raccontava molto più della sua stessa biografia.

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