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Alessandro ucciso dalla madre, la confessione spaventosa: “Ci ho messo sei ore”

La lunga agonia e il tentativo di occultamento

“Lo abbiamo sedato alle 17.30, ma è morto solo verso le 23”, aggiunge Lorena. “Abbiamo tentato di soffocarlo con un cuscino, ma continuava a reagire, anche se stremato”. Il piano iniziale non prevedeva lo smembramento, che è stato invece deciso successivamente: “Il corpo non ci stava nel bidone dove doveva decomporsi”.

Dopo la morte, Lorena si è occupata della divisione del cadavere con un seghetto. Successivamente è intervenuta Mailyn, la compagna di Alessandro, che ha trasportato i resti nell’autorimessa. “Li ha messi in un barile e li ha coperti con calce viva, acquistata su Amazon”, ha spiegato Lorena. L’obiettivo era consentire la decomposizione del corpo prima di disperdere i resti in montagna.

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Le circostanze del dramma

Secondo gli investigatori, Alessandro aveva informato amici e conoscenti di una presunta partenza definitiva per la Colombia. Questo particolare avrebbe facilitato l’esecuzione del piano, come conferma Lorena: “Nessuno si sarebbe stupito se non si fosse fatto più vedere”. L’intenzione era quella di attendere la decomposizione del corpo e poi trasportare i resti nei boschi, rispettando il desiderio espresso in passato dalla vittima.

Tuttavia, la situazione è precipitata quando Mailyn, affetta da una grave sindrome depressiva post partum, ha avuto un crollo emotivo e ha deciso di rivolgersi alle autorità. Telefonando ai carabinieri, ha denunciato la suocera: “Mia suocera ha ucciso suo figlio”, ha dichiarato al 112 in italiano incerto. Durante la chiamata si sono sentiti grida e il pianto di una neonata, mentre le forze dell’ordine si sono precipitate sul posto.

alessandro venier compagna

Le indagini sul delitto

Le indagini hanno rilevato che Lorena avrebbe tentato di impedirle di telefonare. Sulle braccia di Mailyn sono stati trovati lividi, coerenti con una colluttazione. La giovane donna ha quindi indicato il barile contenente i resti di Alessandro agli inquirenti. Lorena, in un primo momento, ha cercato di minimizzare la gravità della situazione, ma le prove raccolte hanno confermato il quadro accusatorio.

La Procura di Udine ha avviato un’indagine approfondita, ricostruendo ogni fase dell’accaduto. Gli inquirenti hanno analizzato i reperti trovati nella villetta, tra cui il seghetto, il lenzuolo usato per contenere il sangue e il barile con la calce viva. Sono stati ascoltati vicini di casa e conoscenti della famiglia, per comprendere il contesto e i rapporti tra i membri del nucleo familiare.

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