
Volodymyr Zelensky era il bersaglio di un nuovo, sofisticato piano per assassinarlo. L’allarme è arrivato direttamente dai servizi segreti ucraini, che hanno rivelato un’operazione per colpire il presidente ucraino all’aeroporto di Rzeszów, in Polonia. La notizia è stata diffusa dall’agenzia PAP e ha subito generato un’ondata di preoccupazione internazionale. L’obiettivo era chiaro: colpire il cuore simbolico della resistenza ucraina in uno dei luoghi più sorvegliati e strategici d’Europa.
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Le armi scelte: droni, cecchini e un piano ad alta precisione
A spiegare la gravità del tentato attentato è stato Vasyl Malyuk, capo dell’intelligence ucraina, che ha parlato di “dettagli scioccanti”. Secondo quanto riferito, il piano prevedeva l’utilizzo di un drone FPV e anche di un cecchino, segno di una preparazione meticolosa e altamente professionale. Sebbene la data del tentato attacco non sia stata specificata, le modalità descritte rivelano un’organizzazione determinata e ben finanziata, disposta a spingersi ben oltre i confini del conflitto per raggiungere il proprio scopo.
Un ex soldato polacco tra i sospettati: ombre sulla NATO
Il dettaglio più inquietante riguarda il presunto coinvolgimento di un ex soldato polacco, indicato come figura chiave nella rete di comunicazione tra gli attentatori. La sua funzione, secondo le fonti, sarebbe stata quella di agevolare i contatti tra agenti stranieri e potenziali esecutori. Se confermato, si tratterebbe di un elemento dirompente: la presenza di un cittadino di un paese NATO in un complotto contro il presidente ucraino aprirebbe scenari delicatissimi sul piano della sicurezza transfrontaliera. Anche il solo sospetto di complicità all’interno di territori alleati è sufficiente a generare tensioni e nuove misure di controllo.
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