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Bimbi cresciuti nel bosco e tolti alla famiglia: si scopre la verità

Immagine del casolare isolato nei boschi di Palmoli coinvolto nel caso Trevallion-Birmingham

Bambini cresciuti in isolamento, lontani dai servizi ritenuti essenziali e dalle adeguate forme di vita sociale: è questo il contesto che ha spinto il Tribunale per i minorenni dell’Aquila a disporre l’immediato allontanamento dei figli della famiglia anglo-australiana Trevallion-Birmingham, residenti in un casolare abbandonato nei boschi di Palmoli, provincia di Chieti. Il provvedimento, motivato da una situazione definita di “grave pregiudizio”, riguarda tre bambini di appena 6 e 8 anni, trasferiti in una comunità educativa insieme alla madre dopo la sospensione della responsabilità genitoriale.

Bimbi cresciuti nel bosco a Chieti: le motivazioni dell’allontanamento e la battaglia legale dei genitori

Il caso Trevallion-Birmingham: allontanamento d’urgenza

Secondo l’ordinanza, la decisione nasce dall’insieme di elementi che interessano la sicurezza fisica, la salute psicologica e l’istruzione dei minori. Il casolare in cui la famiglia viveva è stato descritto come un “rudere fatiscente e privo di utenze essenziali”, integrato solo da una piccola roulotte utilizzata come spazio abitativo aggiuntivo. Gli stessi genitori, tramite una perizia, hanno riconosciuto la “totale assenza di impianti elettrico e idrico/sanitario”, oltre a infissi mancanti e carenze nelle rifiniture strutturali.

Chieti, le motivazioni dei giudici

La struttura, priva di collaudo statico, certificazioni e controlli igienico-sanitari, è stata ritenuta “completamente inadeguata” a garantire l’incolumità dei bambini. Il Tribunale ha sottolineato che la mancanza di agibilità rappresenta “una presunzione ex lege dell’esistenza di pericolo di pregiudizio per l’integrità fisica dei minori”, ponendo l’accento anche sui rischi sismici, l’assenza di misure antincendio e la presenza di forte umidità, fattori che potrebbero causare “lo sviluppo di patologie polmonari” nel lungo periodo.

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