Le telefonate e la fuga
Emergono dettagli inquietanti: De Maria, dopo essere uscito dal carcere venerdì pomeriggio, incontra Chamila. Si sospetta una relazione tra i due. Nella notte, utilizza il cellulare di Chamila per chiamare la madre, confessando in lacrime: “Ho fatto una cavolata, perdonami”, prima di sparire. Sabato mattina aggredisce Hani e continua la sua fuga fino a domenica, quando si suicida gettandosi dal Duomo di Milano. I motivi di questa spirale di violenza rimangono incerti. Gli investigatori esaminano l’ipotesi di gelosia come possibile movente: la relazione tra Chamila e Hani potrebbe aver innescato sospetti in De Maria. Il legame tra Chamila e De Maria, documentato dalle passeggiate e dai messaggi scambiati, è centrale nelle accuse contro di lui, che ha infranto la fiducia concessa dal sistema penitenziario.

Le indagini sulla tragedia
Dal video catturato dalle telecamere di videosorveglianza del parco, si vede Chamila a passeggio sotto la pioggia in compagnia del suo killer. Il caso Chamila si tinge dei toni di un giallo inquietante. Due persone morte, una terza in fin di vita, e un mosaico relazionale tutto da chiarire. Gli inquirenti contano ora sulla testimonianza di Nasr, se sopravviverà alle gravi ferite riportate. Il suo racconto potrebbe fare luce su una gelosia degenerata in violenza, su dinamiche tossiche tra colleghi o su qualcosa di più oscuro. Il marito di Chamila è distrutto: “Tutti la amavano, era una madre e una moglie esemplare”. Lascia un figlio che frequenta l’ultimo anno di liceo, e una comunità sotto shock per una tragedia che forse, con più attenzione, si sarebbe potuta evitare. La domanda resta: chi ha permesso che un uomo condannato per omicidio potesse lavorare a contatto con altri, senza adeguati controlli? Un interrogativo che pesa come un macigno sul futuro della giustizia e della sicurezza.