Kedarnath, tra spiritualità e pericoli naturali
Il tempio di Kedarnath non è un santuario qualunque. Dedicato al dio Shiva, sorge su una delle vette più alte e impervie dell’Himalaya indiano, a 3.584 metri sul livello del mare, in un’area accessibile solo nei mesi estivi, quando la neve e il gelo concedono una tregua. Ma anche in piena stagione, le condizioni possono cambiare nel giro di pochi minuti: banchi di nebbia, piogge improvvise, venti forti, tutto può trasformarsi in una minaccia.
Ogni anno, migliaia di pellegrini intraprendono il cammino verso Kedarnath. Alcuni a piedi, altri in elicottero, per risparmiare tempo e fatica. Ma anche i voli, sempre più numerosi, sono soggetti alle incognite della montagna. E stavolta, qualcosa è andato terribilmente storto. Le autorità locali hanno confermato che l’elicottero era regolarmente in servizio e autorizzato, ma l’impatto delle condizioni meteo sul tragitto sarà al centro delle indagini.
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Il secondo disastro in pochi giorni
Questo nuovo incidente arriva solo tre giorni dopo la catastrofe aerea del volo Air India AI171, un Boeing 787 Dreamliner partito da Ahmedabad e diretto a Londra con 242 persone a bordo. Anche in quel caso, le conseguenze sono state drammatiche: oltre 250 morti e un solo superstite, un giovane che ha raccontato quanto vissuto nei pochi secondi precedenti allo schianto. “Trenta secondi dopo il decollo, c’è stato un forte rumore, poi l’aereo si è schiantato”, ha dichiarato. Le scatole nere sono ora al vaglio degli inquirenti.
Il doppio colpo scuote l’India e alimenta polemiche sulla sicurezza dei voli interni, specialmente in zone montuose e ad alta intensità turistica. L’incidente dell’elicottero, pur con numeri più contenuti, colpisce profondamente per la natura dei passeggeri coinvolti: persone in viaggio spirituale, tra cui un bambino piccolo, partite per trovare un senso, e mai più tornate.