
Nuovi dettagli emergono sulla vicenda della famiglia nel bosco, dopo la recente decisione del Tribunale dei minorenni che ha disposto l’allontanamento dei tre figli di Catherine Birmingham e Nathan Trevillion. I genitori avevano scelto di vivere in un rustico isolato, privo di acqua corrente e servizi igienici, con riscaldamento affidato esclusivamente a una stufa e a un caminetto, mentre l’energia elettrica proveniva da un pannello solare. Queste condizioni abitative hanno portato all’intervento delle autorità e al trasferimento dei minori presso una casa famiglia.
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Un caso che divide il Paese
Il caso ha generato un ampio dibattito nazionale che coinvolge esponenti politici, istituzioni e cittadini. Alcuni ministri, tra cui Nordio e Salvini, hanno espresso critiche nei confronti della decisione giudiziaria, mentre l’associazione dei magistrati ha sostenuto la necessità di tutelare il benessere dei minori. L’opinione pubblica appare divisa tra chi difende la libertà dei genitori di adottare uno stile di vita alternativo e chi ritiene prioritaria la garanzia di condizioni igienico-sanitarie adeguate per i figli. In questo contesto, alcuni vicini e amici hanno scelto di fornire la propria testimonianza sulla situazione reale della famiglia.
La testimonianza dei vicini: “Non sono soli, vivono in comunità”
Uno dei vicini, Davide – musicista e padre – intervistato da Repubblica, descrive Nathan e Catherine come «due persone impegnate in un progetto di autosufficienza energetica, materiale e spirituale». Afferma che attorno a loro ruota una rete di circa sessanta persone, famiglie che si incontrano regolarmente: «Siamo la prova che i tre figli Trevillion non crescono soli o isolati».
Secondo la sua testimonianza, la famiglia fa parte di una vera e propria comunità che sostiene il loro stile di vita e partecipa a momenti condivisi all’aperto.
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