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Famiglia nel bosco, l’atroce scoperta sui bambini: cosa salta fuori

Immagine relativa al caso dei tre bambini cresciuti nei boschi del Chietino

Per i tre fratellini cresciuti nei boschi del Chietino, oggi ospitati in una casa famiglia, il rientro nell’abitazione dei genitori non appare imminente. Nonostante la disponibilità manifestata da madre e padre, il quadro delineato dalle autorità minorili e dalla tutrice legale indica un percorso ancora lungo e complesso. Il caso, seguito dal Tribunale per i minorenni e dalla Corte d’Appello dell’Aquila, continua a suscitare attenzione per le sue implicazioni educative, sociali e giuridiche.

La famiglia aveva accettato che l’originaria casa in pietra, situata in una zona boschiva del Chietino, fosse sottoposta a lavori di ristrutturazione per adeguarla agli standard ritenuti necessari per il rientro dei bambini. In attesa degli interventi, i genitori si sono trasferiti in un’altra abitazione immersa nel bosco, messa a disposizione gratuitamente da un imprenditore della zona e collocata a breve distanza dall’immobile di residenza principale. Questo passaggio, tuttavia, non è stato ritenuto sufficiente per autorizzare il ripristino della convivenza familiare.

Secondo quanto emerso, il nodo centrale non riguarda soltanto le condizioni abitative, ma il complessivo progetto educativo dei minori e i tempi per un eventuale riaffido. Il Tribunale ha richiesto ulteriori garanzie, con particolare riferimento all’adempimento dell’obbligo scolastico e alla capacità dei genitori di assicurare un percorso formativo adeguato e continuativo. In questo contesto è intervenuta la tutrice, che ha ridimensionato le aspettative di un rapido ritorno a casa.

A fare chiarezza sulla situazione è stata la tutrice dei tre bambini, Maria Luisa Palladino, la quale ha parlato apertamente di “tempi più lunghi” in vista di un possibile ricongiungimento familiare. La professionista, nominata dall’autorità giudiziaria, ha evidenziato che ogni decisione dovrà essere valutata sulla base del superiore interesse dei minori, con particolare attenzione alle loro esigenze di crescita, di istruzione e di tutela psicologica.

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Istruzione in homeschooling sotto esame

Prima del collocamento in casa famiglia, i tre fratellini seguivano un percorso di homeschooling, formalmente autorizzato da un istituto scolastico del territorio. La documentazione disponibile indica che i bambini avrebbero sostenuto e superato gli esami di fine anno, ottenendo l’idoneità al passaggio alla classe successiva e alla prosecuzione dell’istruzione domiciliare. Tali elementi, sul piano formale, attestavano il rispetto delle procedure previste dalla normativa sull’istruzione parentale.

La valutazione effettuata dalla tutrice, tuttavia, ha sollevato dubbi significativi sul reale livello di apprendimento. Maria Luisa Palladino ha riferito che, nonostante le certificazioni rilasciate, i piccoli non saprebbero leggere e solo di recente starebbero imparando l’alfabeto. Una situazione che, se confermata, indicherebbe un rilevante scostamento tra attestazioni formali e competenze effettive acquisite dai bambini nel corso degli anni di homeschooling.

La condizione della sorella maggiore, che in base all’età dovrebbe frequentare la terza classe della scuola primaria, è stata descritta con particolare preoccupazione. Secondo quanto riferito, la bambina riuscirebbe a scrivere sotto dettatura solo il proprio nome, mostrando quindi difficoltà di scrittura e lettura non compatibili con il livello scolastico dichiarato. Questa discrepanza ha rafforzato l’esigenza di approfondimenti pedagogici e neuropsichiatrici.

“La mia relazione – sottolinea Palladino – sarà redatta nell’interesse dei minori”, ha precisato la tutrice, ribadendo che ogni scelta dovrà avere come punto di riferimento esclusivo il benessere dei tre fratellini. La relazione sarà messa a disposizione del Tribunale e costituirà uno degli elementi valutati dai giudici nel decidere sui futuri provvedimenti di affidamento e sulle eventuali modalità di rientro in famiglia.

Il ruolo delle istituzioni scolastiche e i controlli sull’istruzione parentale

Il caso pone nuovamente al centro il tema dei controlli sull’istruzione parentale, un istituto previsto dall’ordinamento italiano che consente ai genitori di provvedere direttamente all’educazione dei figli, nel rispetto di determinati requisiti. In tale modello, le famiglie devono dimostrare di possedere le competenze e i mezzi per garantire un percorso formativo adeguato, mentre le scuole sono chiamate a verificare periodicamente il livello di apprendimento tramite esami di idoneità.

La situazione dei tre bambini, per come descritta dalla tutrice, solleva quesiti sul funzionamento dei meccanismi di verifica. La presenza di certificazioni di idoneità a fronte di competenze di base non consolidate, come la lettura e la scrittura, viene considerata un elemento che richiede chiarimenti. È ipotizzabile che, nelle prossime fasi del procedimento, vengano esaminate anche le modalità con cui gli istituti hanno svolto le verifiche previste.

Le autorità giudiziarie minorili, in casi di questo tipo, valutano non solo il rispetto formale degli adempimenti, ma l’effettiva tutela del diritto allo studio. Il principio cardine è che i minori abbiano accesso a un’istruzione che consenta loro di sviluppare appieno capacità cognitive, relazionali e sociali. In presenza di possibili carenze, i giudici possono disporre misure di protezione, tra cui l’affidamento a strutture educative o la frequenza scolastica ordinaria.

In questo contesto, la futura collocazione scolastica dei tre fratellini sarà un elemento centrale del progetto educativo che dovrà essere definito. Tra le ipotesi, potrà rientrare l’inserimento in un percorso scolastico tradizionale, con eventuali attività di sostegno personalizzate per colmare eventuali lacune di apprendimento emerse durante le valutazioni specialistiche.

Incontri con l’ambasciata australiana e aspettative dei genitori

Nei giorni scorsi, i genitori dei bambini hanno incontrato i rappresentanti dell’ambasciata australiana, alla presenza degli assistenti sociali della casa famiglia di Vasto. L’incontro si inserisce in un quadro più ampio di interlocuzioni istituzionali, tenuto conto del legame della famiglia con l’Australia e dei possibili profili di cooperazione consolare nella tutela dei minori coinvolti. La riunione ha avuto lo scopo di fare il punto sulla situazione attuale e sulle prospettive del procedimento.

Al termine del colloquio, il padre avrebbe confidato ad alcune persone di sentirsi “più fiducioso” in merito alla possibilità di un rientro dei bambini in famiglia prima delle festività natalizie. Si tratta, tuttavia, di una percezione personale, poiché al momento non risultano comunicazioni ufficiali che confermino una tempistica precisa per un eventuale ricongiungimento. Le decisioni restano subordinate alle valutazioni tecniche e ai provvedimenti delle autorità giudiziarie competenti.

Dal punto di vista emotivo, i genitori continuano a esprimere il desiderio di poter riabbracciare stabilmente i figli e di dimostrare la propria capacità genitoriale. Parallelamente, proseguono i colloqui con i servizi sociali e con i professionisti incaricati, finalizzati a monitorare la disponibilità della coppia a seguire le indicazioni delle istituzioni e ad aderire a un progetto di recupero educativo e relazionale di medio-lungo periodo.

Le autorità, dal canto loro, mantengono una linea improntata alla prudenza, evidenziando la necessità di procedere per step, sulla base di riscontri oggettivi e di relazioni tecniche aggiornate. Ogni scelta dovrà coniugare il diritto dei bambini a mantenere un legame con i genitori con l’esigenza di garantire condizioni adeguate di sicurezza, istruzione e sviluppo psico-fisico.

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