
Dopo giorni di silenzio e attesa, arrivano le prime testimonianze dirette sugli arresti seguiti all’abbordaggio della Global Sumud Flotilla. Greta Thunberg, tornata poche ore fa in Svezia, ha raccontato di essere stata rinchiusa in una “prigione da tortura israeliana nel deserto”, dove lei e decine di attivisti sarebbero stati sottoposti a condizioni disumane. Al suo fianco, l’attivista Ipshita Rajesh ha parlato di minacce di gas, privazione di acqua e medicinali, e violazioni dei diritti fondamentali.
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Le parole di Greta Thunberg: «I governi restano inerti»
Intervenuta a una manifestazione a Stoccolma, Thunberg non ha usato mezzi termini: «Sono appena stata rilasciata da una prigione da tortura israeliana nel deserto. Non so cosa dire, perché qualunque cosa diciamo non ha alcun effetto: non c’è nulla che induca i nostri governi ad agire».
La giovane attivista svedese ha puntato il dito contro l’inerzia della comunità internazionale, sottolineando come gli Stati avrebbero, secondo il diritto internazionale, l’obbligo di fermare il genocidio. Le sue parole hanno immediatamente fatto il giro del mondo, rilanciando il dibattito sulle operazioni israeliane contro la Flotilla.

Il racconto di Ipshita Rajesh: «Minacciati di gas, senza cibo né acqua»
Ancora più drammatiche le testimonianze di Ipshita Rajesh, riportate dall’agenzia svedese TT. L’attivista ha descritto le condizioni di detenzione: «Siamo rimasti 48 ore senza cibo e 36 ore senza acqua. 69 persone sono state stipate in una cella di dodici metri quadrati sotto il sole cocente per cinque ore».
Rajesh ha parlato di minacce di gas, rivolte più volte mentre gli attivisti erano ammanettati e bendati su un autobus, senza accesso ai bagni per almeno otto ore. Inoltre, secondo il suo racconto, non sarebbero stati garantiti né medicinali urgenti né l’accesso agli avvocati.
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