
Diciotto anni dopo il brutale omicidio di Chiara Poggi, la vicenda giudiziaria conosce un nuovo capitolo tra indagini riaperte, sospetti rinnovati e elementi che sembravano ormai archiviati. La nuova inchiesta che ruota attorno ad Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, sembra perdere forza dopo gli ultimi risultati sui reperti. Ma la difesa resta in allerta: si teme il classico colpo di scena, magari con una testimone dell’ultima ora. E intanto, vecchie piste tornano d’attualità. Cosa ha rivelato l’avvocato Massimo Lovati?
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Il Dna sui rifiuti e i Fruttolo, nessuna traccia di Sempio
Il primo responso scientifico dalla nuova indagine è arrivato e, per la difesa di Andrea Sempio, rappresenta una boccata d’ossigeno. I campioni biologici prelevati da alcuni oggetti trovati nella villetta di via Pascoli a Garlasco — tra cui vasetti di Fruttolo e sacchetti dell’immondizia — hanno restituito soltanto il Dna di Chiara Poggi e di Alberto Stasi, ex fidanzato della giovane e già condannato in via definitiva a 16 anni.
«Non esiste nulla di concreto contro di lui», ha detto senza giri di parole l’avvocato Massimo Lovati, difensore di Sempio, in un’intervista al Corriere della Sera. Ma se sul piano biologico l’accusa sembra indebolita, resta una forte preoccupazione per quella che potrebbe essere una mossa a sorpresa della Procura: «Temo un testimone a sorpresa» ha rivelato il legale. Un’incertezza che rischia di trasformarsi in un nuovo rebus processuale.

Ombre sul Dna e l’ipotesi del supertestimone
Al centro delle indagini restano due elementi chiave: il Dna sotto le unghie della vittima e l’impronta 33 trovata sul muro. Secondo l’accusa, i progressi tecnologici potrebbero ora permettere di identificare profili biologici non letti nel 2014. Ma Lovati resta scettico: «C’è già una perizia del processo d’appello bis che lo escludeva». Anche sull’impronta muraria attribuita a Sempio, il legale taglia corto: «Anche se fosse sua, non è collegata in modo chiaro al delitto».
La vera incognita, però, sarebbe un’ipotetica testimone ancora non emersa ufficialmente, ma della quale si sussurra negli ambienti investigativi. «Mi inquieta più del Dna», ha dichiarato Lovati, lasciando intendere che la riapertura del caso potrebbe sfociare in una nuova impennata mediatica e processuale.
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