
Garlasco, il conto corrente e le “cifre incompatibili”: cosa può cambiare ora – La storia di Garlasco, uno dei casi giudiziari più controversi e discussi degli ultimi vent’anni, torna a infiammarsi. A finire sotto la lente, questa volta, non sono possibili nuovi sospettati o testimoni, ma due figure chiave delle indagini originarie, che da protagonisti dell’accusa sono diventati a loro volta indagati. Si tratta di Mario Venditti, ex procuratore di Pavia, e di Antonio Scoppetta, ex maresciallo dei carabinieri: due nomi che oggi rischiano di riscrivere un capitolo delicatissimo di quella che è ormai diventata una lunga telenovela giudiziaria.

Garlasco, il conto corrente e le “cifre incompatibili”: cosa può cambiare ora
Secondo l’impianto accusatorio, Venditti è sospettato di corruzione in atti giudiziari. Nel 2017 fu proprio lui a firmare la richiesta di archiviazione per Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, ora tornato nel registro degli indagati per concorso nell’omicidio della giovane, trovata morta nella villetta di via Pascoli a Garlasco il 13 agosto 2007. Gli inquirenti di Brescia ipotizzano che Venditti possa aver ricevuto somme di denaro (si parla di diverse migliaia di euro) proprio dalla famiglia di Sempio o dal suo entourage, in cambio di un trattamento favorevole. Un’accusa che, se confermata, aprirebbe scenari esplosivi sull’intera gestione del fascicolo originario.


L’ex maresciallo e il “sistema Pavia”
A complicare ulteriormente la vicenda c’è Antonio Scoppetta, l’ex maresciallo dei carabinieri che partecipò all’indagine su Sempio. L’uomo è già stato condannato a quattro anni e sei mesi per corruzione nell’ambito del cosiddetto “sistema Pavia”, una rete di favori e denaro che avrebbe coinvolto funzionari e professionisti locali. Le indagini della Guardia di Finanza hanno evidenziato movimenti bancari anomali e spese incompatibili con i redditi dichiarati. Tra le abitudini più rilevanti, quella del gioco d’azzardo: nel solo 2020 Scoppetta avrebbe speso quasi 47 mila euro in scommesse, una cifra considerata “incompatibile con il proprio stipendio”, come riportato dal Corriere della Sera.
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