
A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, la sua tragica fine torna a far discutere con una nuova pista che scuote profondamente l’opinione pubblica. Un dettaglio rimasto nell’ombra per anni potrebbe cambiare per sempre la narrazione di uno dei casi di cronaca nera più discussi d’Italia. Un luogo sacro, una confessione shock, e un possibile movente nascosto: così il caso di Garlasco torna a far parlare di sé, aprendo scenari mai esplorati fino ad ora.
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Il legame tra il delitto e il Santuario della Bozzola
La miccia è stata accesa da una rivelazione trasmessa durante una recente puntata del programma Chi l’ha visto?. A parlare è un uomo oggi latitante, uno dei protagonisti di un caso di estorsione del 2014 che coinvolse il Santuario della Madonna della Bozzola, a pochi chilometri da Garlasco. Secondo quanto affermato, Chiara Poggi «aveva scoperto il giro» di uno scandalo a sfondo sessuale legato al Santuario, e avrebbe espresso l’intenzione di denunciarlo. Una frase pesante come un macigno: “Da lì è partito tutto”, ha detto l’uomo al telefono, facendo intendere che proprio la scoperta di queste verità potrebbe aver rappresentato la condanna a morte della giovane.
Il ricatto al sacerdote e il materiale compromettente
Il Santuario della Bozzola non è un luogo qualsiasi. Noto per le sue celebrazioni e per il ruolo spirituale che riveste nella zona, è stato al centro di un’indagine scottante nel 2014. Il protagonista fu don Gregorio Vitali, esorcista e rettore del Santuario, vittima – secondo le accuse – di un tentativo di estorsione. Due cittadini rumeni gli chiesero 250mila euro per non diffondere una registrazione compromettente, in cui si sentiva – a detta loro – la voce del sacerdote mentre consumava atti sessuali. I carabinieri di Vigevano avviarono un’operazione sotto copertura, e durante le perquisizioni furono sequestrati materiali aggiuntivi, inclusi presunti video girati nella camera del religioso con giovani uomini.
Don Vitali e l’inquietante collegamento con il delitto
Don Vitali non era un personaggio sconosciuto al caso Poggi. Dopo l’omicidio, durante una messa pubblica, si rivolse apertamente all’assassino dicendo: “Che si penta”. All’epoca, quelle parole vennero interpretate come un’esortazione spirituale. Oggi, invece, potrebbero assumere una luce completamente diversa. Dopo essere finito sotto accusa per l’episodio del 2014, Vitali ammise «un solo episodio» parlando di una “debolezza”. Da allora gli fu vietato di celebrare messe pubbliche. Secondo l’avvocato Roberto Grittini, la denuncia nacque da una confidenza fatta dai carabinieri durante un’indagine per rapina, segno che il caso Bozzola poteva essere molto più esteso e radicato di quanto emerso ufficialmente.
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