
Da giorni Volodymyr Zelensky ripete lo stesso avvertimento: «Mosca non si ferma, sta per attaccare un altro Paese europeo». Un monito che non lascia spazio a interpretazioni e che punta a richiamare l’attenzione dei governi occidentali sulla nuova strategia russa. Secondo il leader ucraino, gli sconfinamenti di droni e jet militari nello spazio aereo di diversi Paesi sono prove generali, test calcolati per verificare la prontezza della Nato.
Gli episodi si moltiplicano: misteriosi droni hanno sorvolato la più grande base militare della Danimarca, a Karup; altri avvistamenti sono stati segnalati in Norvegia, in un’area riservata vicino alla base degli F-35 di Orland; e ad Amsterdam, uno di questi velivoli è arrivato a soli 50 metri da un aereo passeggeri della Transavia, costringendo allo stop per 45 minuti tutti i decolli e atterraggi a Schiphol.
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L’Italia chiamata in causa
Le parole che fanno tremare Roma sono arrivate ieri: «L’Italia potrebbe essere la prossima». Zelensky, nel ricordare l’ondata di 92 droni diretti verso la Polonia tra il 9 e il 10 settembre, ha sottolineato come i voli segnalino una precisa traiettoria che potrebbe includere anche il nostro Paese.
Immediata la replica del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha voluto rassicurare: «Non credo che Putin voglia scatenare la terza guerra mondiale e non credo che l’Italia sia un obiettivo militare». Ma per Zelensky il vero pericolo non è un attacco diretto, bensì una guerra psicologica: test di resistenza militare e, soprattutto, sociale, volti a convincere le opinioni pubbliche europee a ridurre il sostegno all’Ucraina.
L’Europa sotto pressione
Gli avvistamenti hanno spinto la Germania a dare mandato al proprio esercito di abbattere immediatamente ogni drone sospetto in caso di violazione dello spazio aereo. E mentre cresce la tensione, il commissario europeo all’Economia, Valdis Dombrovskis, ha parlato di una vera e propria guerra ibrida: «La Russia usa disinformazione, sabotaggi e persino l’immigrazione clandestina come arma. Il Cremlino ha già trasformato la sua economia in un’economia di guerra, aumentando la produzione militare e le truppe». La domanda che rimbalza nelle cancellerie europee è una sola: dove saranno usate queste forze?
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