
Non era solo uno chef, ma un simbolo. Un uomo capace di trasformare ogni piatto in un racconto di vita, ogni sapore in un viaggio nella memoria collettiva italiana. La scomparsa di Aimo Moroni, avvenuta nella notte tra domenica e lunedì 6 ottobre 2025, ha lasciato un vuoto profondo non solo a Milano ma in tutta Italia. Aveva 91 anni e, fino all’ultimo, il suo nome restava legato a una delle cucine più autentiche e raffinate del Paese: quella del celebre ristorante “Aimo e Nadia”, una vera istituzione nella guida Michelin.
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Aimo e Nadia, la coppia che ha rivoluzionato la cucina italiana
Era toscano di nascita, milanese d’adozione, e insieme alla moglie Nadia ha scritto una pagina indelebile della gastronomia italiana. Il loro ristorante di via Raimondo Montecuccoli a Milano è stato per decenni una tappa obbligata per chi amava la cucina d’autore.
La loro filosofia era semplice ma rivoluzionaria: rispetto assoluto per la stagionalità dei prodotti, amore per la tradizione mediterranea, e una ricerca del gusto capace di unire sapori antichi e visioni contemporanee. Lo “spaghettone al cipollotto” divenne il loro piatto simbolo, tanto da entrare nel mito come una delle ricette più rappresentative dell’alta cucina italiana.
Aimo e Nadia erano due anime diverse ma complementari: lui, tecnico e appassionato del prodotto; lei, elegante e intuitiva, con una sensibilità rara nel trasformare i gesti quotidiani della cucina in un atto d’amore.
Un’eredità che continua: la figlia Stefania e i nuovi custodi del sogno
Oggi, l’eredità di Aimo Moroni vive nelle mani della figlia Stefania, che guida con dedizione “Il Luogo di Aimo e Nadia”, affiancata dai due chef Alessandro Negrini e Fabio Pisani. Due professionisti cresciuti accanto al maestro, che ne hanno raccolto il testimone con rispetto e passione.
Per loro, come amava ripetere Aimo, la cucina non è mai stata una questione di tecnica ma di anima. “Si impara a fare la spesa con gli occhi, non con il telefono”, diceva spesso, insegnando ai suoi sous-chef che ogni ingrediente deve essere scelto con il cuore prima ancora che con la testa.
Nella sua cucina, l’Italia intera trovava voce: dalla ribollita toscana alla pasta con le sarde siciliana, fino ai piatti che raccontavano la storia e la cultura di ogni regione. E proprio questa capacità di “far parlare il cibo” è ciò che oggi rende eterno il suo nome.
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