
Era una sera di fine primavera, quando l’aria calda e profumata di fiori si mescolava al rumore delle tastiere del pc che ancora lavoravano nel cuore della redazione. Le luci soffuse illuminavano le scrivanie ingombre di fogli, tazze di caffè ormai fredde e telefoni che squillavano incessantemente. In quel frangente, un uomo si aggirava tra i colleghi con passo deciso, ma sempre con un sorriso rassicurante. Era una presenza costante e silenziosa, ma fondamentale per il buon funzionamento del giornale. La sua figura era ormai parte integrante dell’ambiente, come una colonna portante che sosteneva l’intero edificio.


Non era solo un giornalista, era un mentore, un punto di riferimento per chiunque avesse bisogno di consigli o semplicemente di una parola di conforto. La sua esperienza e la sua dedizione al mestiere erano evidenti in ogni gesto, in ogni parola. Nonostante gli anni trascorsi nella professione, non aveva mai perso la passione per il giornalismo, anzi, sembrava che ogni giorno fosse per lui una nuova opportunità per imparare e crescere. La sua morte lascia un vuoto incolmabile. (Scopriamo tutti i dettagli nella pagina successiva…)