La diagnosi inaspettata e il caso limite
La diagnosi è stata quella di sindrome di Boerhaave, una rara ma gravissima lacerazione spontanea e completa dell’esofago, spesso conseguenza di un violento episodio di vomito. «Lo sforzo del vomito, anziché espellere il cibo, ha causato la rottura interna riversando il contenuto gastrico nel torace», ha spiegato Brolese al Corriere della Sera. Si tratta di una condizione che, se non riconosciuta e trattata tempestivamente, può evolvere rapidamente in una sepsi letale.
In casi di rottura esofagea come questo, la letteratura medica indica un tasso di mortalità che può avvicinarsi all’80%, soprattutto quando il trattamento chirurgico non viene eseguito nelle prime ore dall’insorgenza dei sintomi. La situazione del paziente di Trento è stata quindi valutata come emergenza assoluta, richiedendo l’intervento immediato di un’équipe altamente specializzata.

La chiamata d’urgenza al chirurgo e la corsa in autostrada per salvarlo
Alla guida della squadra chirurgica, riporta il Corriere della Sera, è stato chiamato il dottor Alberto Brolese, direttore della Chirurgia generale 2 dell’ospedale di Trento, noto per la sua esperienza in interventi complessi e nei trapianti. Nel momento in cui è scattato l’allarme, il medico si trovava però in vacanza con la famiglia ad Adria, in Veneto, a diverse decine di chilometri di distanza dal capoluogo trentino.
Informato telefonicamente della gravità del quadro clinico, il chirurgo ha deciso di interrompere immediatamente il periodo di riposo e di mettersi in viaggio verso Trento. Il tragitto, tuttavia, non è stato semplice: l’autostrada A22 era congestionata da lunghe code, tipiche dei rientri festivi, con rallentamenti che rendevano difficile un arrivo in tempi compatibili con l’urgenza del caso.
«Ho affrontato 20 chilometri di coda sulla A22, ho messo fuori dal finestrino il fazzoletto bianco e azionato le frecce, passando sulla corsia d’emergenza», ha raccontato il dottor Brolese. Il gesto, insolito ma dettato dalla necessità, ha attirato l’attenzione della polizia stradale, che ha fermato l’auto per un controllo.
A quel punto, il chirurgo ha mostrato il proprio tesserino e spiegato la situazione di emergenza. Le forze dell’ordine hanno quindi deciso di scortare l’auto fino all’ospedale di Trento, con le sirene spiegate, per consentire al medico di raggiungere la sala operatoria nel minor tempo possibile. Questa collaborazione ha permesso di non perdere minuti preziosi in una situazione in cui il fattore tempo era determinante per la sopravvivenza del paziente.
Un intervento di quattro ore per suturare l’esofago e salvare una vita
Una volta arrivato in ospedale, il dottor Brolese ha raggiunto rapidamente la sala operatoria, dove l’équipe multidisciplinare di chirurghi, anestesisti e rianimatori aveva già predisposto tutto il necessario per l’intervento. L’operazione, definita fin da subito ad altissimo rischio, è durata circa quattro ore e ha richiesto una pianificazione accurata e un’elevata precisione tecnica.
La procedura chirurgica ha previsto l’accesso alla cavità toracica, l’individuazione esatta della sede della lacerazione esofagea e la sutura dell’esofago, con l’obiettivo di chiudere la rottura e limitare la contaminazione del torace da parte del materiale gastrico. Contemporaneamente, è stato necessario procedere al drenaggio dei liquidi che si erano riversati nel mediastino e nella cavità pleurica, per ridurre il rischio di mediastinite e di infezioni gravi.
Secondo quanto riportato, la complessità del caso è stata tale da renderlo potenzialmente destinato a entrare nella letteratura scientifica, sia per la gravità della lesione sia per la dinamica che ha portato al danno esofageo. Nonostante le difficoltà, l’intervento si è concluso con esito positivo: il paziente è stato trasferito in terapia intensiva, dove è stato monitorato nelle ore successive, e successivamente dichiarato fuori pericolo.
«Se scegli di fare il medico devi anteporre lo spirito di servizio a tutto il resto», ha commentato il dottor Brolese, sottolineando il senso di responsabilità che accompagna la professione sanitaria, in particolare nei reparti di urgenza e chirurgia d’emergenza. L’episodio mette in luce non solo l’aspetto clinico, ma anche l’impegno umano e organizzativo necessario per gestire simili situazioni.
Che cos’è la sindrome di Boerhaave e perché è così pericolosa
La sindrome di Boerhaave è una patologia rara, descritta per la prima volta nel Settecento, che consiste in una lacerazione spontanea e completa della parete esofagea, generalmente a seguito di un episodio di vomito violento e improvviso. A differenza di altre lesioni più superficiali, questa rottura interessa tutto lo spessore della parete e permette al contenuto gastrico di fuoriuscire nella cavità toracica.
Il passaggio di succhi gastrici, residui alimentari e batteri nel torace provoca una grave reazione infiammatoria, con possibile insorgenza di mediastinite, versamento pleurico e infezioni sistemiche. Senza un intervento chirurgico rapido, il quadro può evolvere verso una grave compromissione respiratoria e circolatoria, con rischio concreto di morte in poche ore o pochi giorni.
I sintomi tipici comprendono dolore toracico acuto, spesso scambiato inizialmente per un infarto, difficoltà a respirare, senso di oppressione e vomito. In alcuni casi si osservano febbre e segni di shock settico. Proprio la somiglianza con altre emergenze, come la sindrome coronarica acuta o l’embolia polmonare, rende indispensabile un’attenta valutazione clinica e strumentale.
Gli esami diagnostici fondamentali includono la radiografia del torace, che può mostrare aria libera nel mediastino o versamenti pleurici, e la TAC, che consente di individuare con precisione la sede e l’estensione della rottura. La tempestività nel riconoscimento e nella gestione chirurgica è il fattore principale che incide sulla sopravvivenza del paziente.
Eccessi a tavola e rischio per gli anziani: il monito dei medici
Oltre all’aspetto straordinario del singolo caso, gli specialisti evidenziano come episodi di questo tipo rappresentino un campanello d’allarme sui rischi degli eccessi alimentari durante le festività. Le abbuffate di Natale e Capodanno non comportano solo un aumento di peso temporaneo, ma possono avere ripercussioni acute sul sistema gastrointestinale, cardiovascolare e metabolico, in particolare nelle persone anziane o già fragili.
Con l’avanzare dell’età, infatti, i tessuti dell’apparato digerente tendono a diventare meno elastici, mentre la capacità di gestire grandi quantità di cibo e alcol si riduce. Un pasto molto abbondante, consumato velocemente e accompagnato da bevande alcoliche, può determinare un sovraccarico per lo stomaco e l’esofago, favorendo il vomito e, in casi estremi, complicazioni gravi come la perforazione esofagea o gastrica.
Il dottor Brolese ha ricordato come gli eccessi possano innescare non solo problemi meccanici come le lacerazioni, ma anche patologie acute di notevole importanza clinica: epatiti acute su base alcolica, coliche biliari, pancreatiti e perforazioni gastriche. Si tratta di quadri che richiedono spesso il ricovero ospedaliero, talvolta la terapia intensiva e, nei casi più severi, la chirurgia urgente.
Le statistiche ospedaliere mostrano regolarmente un incremento di accessi al pronto soccorso nel periodo delle festività natalizie e di fine anno, proprio per disturbi legati a eccessi alimentari e abuso di alcol. A esserne maggiormente colpite sono le persone più anziane, i pazienti con patologie croniche preesistenti (come diabete, ipertensione, malattie epatiche) e chi segue terapie farmacologiche che possono interagire con l’alcol o essere influenzate da forti sbalzi dietetici.
Consigli di prevenzione: come proteggere esofago e stomaco a Natale
Alla luce di casi così estremi, i medici ribadiscono l’importanza di adottare comportamenti prudenti a tavola, soprattutto durante le ricorrenze in cui l’abbondanza di cibo è la norma. Il primo principio è la moderazione: evitare di riempire eccessivamente il piatto, dilatare il tempo del pasto e fare attenzione alla sensazione di sazietà, fermandosi prima di avvertire malessere.
«Bisogna mangiare con moderazione, masticare bene, ingerire bocconi piccoli ed evitare alimenti troppo caldi o piccanti», raccomanda il medico. Semplici accorgimenti, ma fondamentali per ridurre il rischio di ostruzioni, rigurgiti violenti e stress eccessivo sulle pareti dell’esofago e dello stomaco. Anche la scelta dei cibi può fare la differenza, privilegiando piatti meno grassi e più facilmente digeribili.
Per quanto riguarda l’alcol, i professionisti della salute ricordano che un consumo elevato, concentrato in poche ore, aumenta notevolmente il carico sul fegato e favorisce l’insorgenza di epatiti acute alcoliche e di altre complicanze. Alternare le bevande alcoliche con acqua, limitare le quantità e non bere a stomaco completamente vuoto sono strategie essenziali per contenere i danni.
Altro elemento cruciale è l’ascolto dei segnali del proprio corpo. Comparsa di dolore intenso al torace o all’addome, difficoltà respiratoria, vomito persistente, febbre o debolezza marcata dopo un pasto particolarmente abbondante non devono essere sottovalutati. In presenza di questi sintomi, è raccomandabile rivolgersi rapidamente al pronto soccorso, evitando di attendere nella speranza di un miglioramento spontaneo.
Un caso limite che diventa lezione di prevenzione
L’episodio del 77enne di Trento, salvato grazie a un intervento tempestivo e a una complessa operazione di sutural’esofago, mette in evidenza il ruolo cruciale della rete di emergenza, dall’allerta iniziale fino alla gestione chirurgica. La combinazione tra la prontezza del personale sanitario, la disponibilità del chirurgo e la collaborazione delle forze dell’ordine ha consentito di trasformare un quadro clinico con prognosi infausta in una storia a lieto fine.
Allo stesso tempo, il caso rappresenta un monito chiaro per la popolazione: gli eccessi a tavola, soprattutto se associati a consumo di alcol e a condizioni di salute non ottimali, possono avere esiti imprevedibili e talvolta drammatici. La prevenzione rimane l’arma più efficace, perché consente di evitare di arrivare al punto in cui l’unica opzione è la chirurgia d’emergenza.
La conclusione indicata dagli specialisti è netta: prevenire è meglio che curare. Un pranzo festivo, apparentemente innocuo, può trasformarsi in una situazione critica nel giro di poche ore se non si presta attenzione alla quantità e alle modalità con cui si consuma il cibo. Un comportamento responsabile, fatto di equilibrio e consapevolezza, è il modo più semplice per godersi le ricorrenze senza mettere a rischio la propria salute.
Il caso di Trento entra così a pieno titolo tra quelli che, oltre a costituire un esempio di eccellenza clinica, servono a ricordare quanto sia importante non sottovalutare i campanelli d’allarme del proprio organismo e non forzare i limiti del corpo, soprattutto in età avanzata. Un messaggio che vale per le feste natalizie, ma che può essere esteso a tutto l’anno.