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Morte piccola Diana, la nuova perizia su Alessia Pifferi: cosa è stato deciso

Il caso di Alessia Pifferi ha profondamente segnato la cronaca italiana, portando alla luce una delle vicende più drammatiche degli ultimi anni. Nel luglio 2022, la tragedia della piccola Diana, una bambina di appena 18 mesi lasciata sola nell’appartamento di famiglia per sei giorni, ha generato un grande sconvolgimento nell’opinione pubblica. La bambina è stata trovata senza vita a causa dell’abbandono, un evento che ha immediatamente portato all’arresto della madre e all’avvio di un procedimento penale che ha catalizzato l’attenzione nazionale. La nuova perizia psichiatrica su Alessia Pifferi disposta dalla Corte d’Assise d’appello ha rappresentato un passaggio fondamentale. Tre esperti incaricati hanno condotto un’analisi approfondita, esaminando tutti i documenti e gli elementi clinici disponibili, al fine di offrire una valutazione oggettiva e aggiornata dello stato mentale dell’imputata.

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Alessia Pifferi condannata per la morte della figlia

La questione della responsabilità penale è stata al centro del dibattito processuale, insieme alla ricostruzione della vita personale di Alessia Pifferi e alle sue condizioni di salute mentale. L’attenzione si è focalizzata non solo sull’atto criminoso, ma anche sulla possibile presenza di disturbi psichici che potessero aver influito sulle sue azioni.

Il procedimento giudiziario si è articolato in più fasi, con particolare attenzione rivolta alle condizioni psicologiche di Alessia Pifferi al momento dei fatti. La Corte d’Assise, dopo aver ascoltato numerose testimonianze e valutato i primi accertamenti psichiatrici, aveva condannato la donna all’ergastolo per omicidio volontario aggravato. La difesa, tuttavia, ha richiesto un nuovo esame per chiarire se la capacità di intendere e di volere fosse integra all’epoca dei fatti.

Il passato di Alessia Pifferi

Un aspetto rilevante dell’indagine ha riguardato la valutazione di materiali risalenti all’infanzia di Alessia Pifferi, come i disegni realizzati all’età di sei anni, custoditi presso il reparto di neuropsichiatria infantile del Policlinico di Milano. Questi documenti sono stati riesaminati nel tentativo di individuare eventuali traumi o segni di abusi subiti in giovane età. L’utilizzo del Blacky picture test, uno strumento proiettivo utile per analizzare le dinamiche psicologiche e i conflitti inconsci nei bambini, ha permesso ai periti di escludere la presenza di disturbi gravi di origine infantile che potessero aver influito sulla condotta della donna.

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