Una rete di supporto globale e la mossa finale
Sebbene non ci fosse una regia ufficiale, molti movimenti informali hanno sostenuto Prevost. Tra questi, figure autorevoli come Castillo Mattasoglio, Cupich, Hollerich e Baggio, noti per la loro visione globale e pastorale della Chiesa. Questi “king maker” ecclesiastici hanno svolto un ruolo fondamentale nel consolidare il suo consenso.
Oltre alle affinità ideologiche, due reti concrete hanno giocato un ruolo cruciale: i cardinali del Dicastero dei Vescovi, con cui Prevost aveva collaborato a lungo, e quelli che avevano condiviso le assemblee sinodali del 2023 e 2024. Le riserve, seppur presenti, provenivano dai settori più tradizionalisti della Curia europea e dai bergogliani più radicali, ma il vento del cambiamento soffiava forte.
L’outsider che ha conquistato tutti
Prevost si è rivelato l’uomo giusto, con la conoscenza della Curia ma non vincolato da essa. Come ha affermato il cardinale Nichols, “ha esperienza, ma non troppa”. Questa caratteristica, unita alla sua capacità di unire piuttosto che dividere, ha reso difficile per figure come Parolin spiccare, mentre Prevost si affermava come il possibile outsider.
Prevost, cosa fece il giorno dell’elezione a Papa
Il giorno dell’elezione, giovedì 8 maggio, mentre il mondo aveva gli occhi puntati su quanto accadeva tra le mura vaticane, Prevost rimase nel suo alloggio a Santa Marta decidendo di saltare il pranzo. Lontano dal trambusto, dedicava il suo tempo alla stesura del primo discorso da Papa, un impegno che rifletteva la sua dedizione e preparazione. La sua figura emergeva come un baluardo di serenità e sicurezza.
Il quarto scrutinio del pomeriggio dell’8 maggio ha confermato la sua elezione: un quorum ampiamente superato con oltre cento voti su 133. “L’ho ringraziato per aver accettato”, ha detto Steiner. La sua elezione è stata accolta con un ampio consenso, tanto che un suo fedelissimo ha osservato con ironia: “Non lo ha votato solo chi si è sbagliato”.