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“Quella è mia figlia”: donna morta a Villa Pamphili, la scoperta atroce

Una testimonianza sconvolgente potrebbe riscrivere il caso del duplice omicidio di Villa Pamphili. Una donna contattata dalla trasmissione Chi l’ha visto?, ha fatto una rivelazione. Le sue affermazione, se confermate, rappresenterebbero una svolta decisiva per un caso ancora avvolto nel mistero: la vittima era rimasta finora senza nome.

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Il riconoscimento della madre: “Si chiama Anastasia, studiava inglese a Malta”

«Si chiama Anastasia ed era andata a studiare inglese a Malta». È la voce di una donna russa, intercettata dalla redazione di Chi l’ha visto?, a dare una possibile identità alla giovane trovata senza vita il 7 giugno tra la vegetazione di Villa Pamphili, a Roma, insieme alla figlia di pochi mesi, Andromeda, uccisa per strangolamento. La donna, visibilmente scossa, afferma di essere la madre di Anastasia, e di averla vista l’ultima volta in videochiamata il 27 maggio. Accanto a lei, racconta, c’era Francis Kaufmann, alias Rexal Ford, ora detenuto in Grecia. «Mi diceva che era una brava persona, che voleva costruire una famiglia», ha raccontato.

La mail del 2 giugno: “Abbiamo problemi, ma stiamo cercando di risolverli”

Oltre alla videochiamata, la presunta madre della giovane racconta di aver ricevuto una mail il 2 giugno. In quel messaggio, Anastasia avrebbe ammesso alcune difficoltà nella relazione con il compagno, ma dichiarava di voler «risolvere i problemi insieme». Secondo quanto riferito alla trasmissione Rai, la madre avrebbe anche ricevuto alcune foto di Kaufmann con la bambina in braccio, immagini che ha poi consegnato alla redazione. Un ulteriore elemento che sembra confermare la vicinanza tra la donna e il presunto assassino nei giorni immediatamente precedenti al delitto.

Sul nome della bambina, emerge un altro dettaglio: si sarebbe chiamata Andromeda, ma in seguito, forse per sfuggire ai controlli, sarebbe stata ribattezzata Lucia. Una modifica che si inserisce nella lunga lista di depistaggi, identità false e nomi fittizi che hanno segnato il percorso dell’uomo oggi detenuto in Grecia.

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