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“Scontro totale”: Gaza, la notizia da Israele nella notte

Strade di Tel Aviv gremite dopo la firma dell'accordo sulla tregua a Gaza

La firma dell’accordo tra Israele e Hamas è avvenuta a Sharm el Sheikh con la mediazione di rappresentanti arabi e degli Stati Uniti. La decisione, presa dopo ore di confronto all’interno del governo israeliano, ha portato all’attuazione immediata del cessate il fuoco, ma non ha placato la tensione diffusa tra la popolazione. Nei quartieri centrali si sono raccolti migliaia di cittadini, tra voci di speranza e timori per il futuro prossimo. Cos’è successo nella notte?

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I timori dopo la firma dell’accordo

La giornata è stata scandita dall’attesa della conferma ufficiale dell’accordo, con manifestazioni spontanee e presidi nei luoghi simbolo della protesta. Le parole “non è ancora finita” sono riecheggiate tra la folla, riflettendo l’incertezza che ancora permea il clima nazionale. I familiari degli ostaggi hanno espresso forte emozione, consapevoli che la conclusione del conflitto non è ancora definitiva.

Omer Shem Tov, ex prigioniero rilasciato a febbraio, ha dato voce al sentimento collettivo: «Dobbiamo continuare a combattere fino a quando non arriveranno. Continuare a pregare. Continuare a mandare energia positiva fino all’istante in cui non passeranno il confine. Non sarà finita fino a quando non saranno qui». Accompagnata da queste parole, la folla ha ascoltato anche la testimonianza di Einav Zangakauer, madre di uno degli ostaggi: «Mi manca l’aria, non riesco a respirare. Sogno solo di vedere Matan dormire nel suo letto». Questi appelli hanno scandito la serata, dando voce alle speranze e alle paure delle famiglie coinvolte nella crisi.

Le fasi della liberazione degli ostaggi

Secondo quanto stabilito nell’accordo, la liberazione dei venti rapiti dovrà avvenire entro un arco temporale di 72 ore dalla ratifica definitiva del piano. Gli ospedali israeliani si sono già organizzati per gestire il ritorno degli ostaggi, temendo gravi condizioni fisiche e psicologiche derivanti dai mesi trascorsi nei tunnel sotto Gaza. «Sono in pericolo di vita. Lo sappiamo per certo», ha dichiarato il dottor Hagai Levine, che segue direttamente la situazione clinica dei prigionieri.

Le autorità sanitarie hanno predisposto protocolli speciali di accoglienza e monitoraggio per affrontare le possibili complicazioni mediche. Le famiglie degli ostaggi attendono con ansia notizie sulle condizioni dei propri cari, mentre la società civile segue minuto per minuto gli sviluppi della situazione. L’attenzione del pubblico resta altissima, con aggiornamenti costanti diffusi dai principali media internazionali.

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