
Spalletti, le ultime parole come ct della nazionale: è choc – «Purtroppo non sono riuscito a fare la differenza». Con queste parole, pronunciate nel ventre dello stadio dopo la vittoria-beffa contro la Moldavia, Luciano Spalletti ha chiuso il suo capitolo da commissario tecnico della Nazionale. Non c’è stato spazio per rancori o accuse, solo il saluto garbato di un allenatore che, pur consapevole di essere già stato “esonerato in panchina”, ha preferito assumersi ogni responsabilità. Gli Azzurri non gli hanno riservato il congedo che sperava: una partita scintillante, una prova d’orgoglio, un gol che facesse venire giù le tribune. Niente di tutto questo. Il successo di misura serve a malapena a tenere in piedi la classifica nel girone di qualificazione ai Mondiali 2026.

Una Nazionale in affanno
Spalletti non si è nascosto dietro l’ennesima scialba prestazione: «Abbiamo fatto fatica anche stasera e si è confermato ciò che si era visto a Oslo». Il riferimento al KO con la Norvegia è ancora bruciante, ma il tecnico insiste su un punto: la squadra era «affaticata e logora dalla stagione appena conclusa». Un alibi che regge solo in parte. Perché, al di là delle gambe pesanti, è mancata soprattutto la tempestività mentale, la voglia feroce di dimostrare che l’Italia non si limita a partecipare, ma vuole dominare. Eppure l’allenatore toscano non ha mai cercato scorciatoie narrative: «Quando uno guida la Nazionale non può avere alibi, i giocatori li sceglie lui». Parole nette, pronunciate davanti alle telecamere di Rai Sport con la stessa franchezza con cui aveva illustrato i piani tattici nei raduni di Coverciano.

Scelte e responsabilità
«I calciatori? Li ho scelti io. Nessun alibi.» Spalletti ribadisce questo concetto come un mantra. Non accusa la federazione, non incolpa lo staff, non chiama in causa la malasorte. Neppure concede appigli alla stanchezza collettiva. Il suo commiato è un atto di onestà intellettuale raro: «Ero convinto che potessero darmi quello che mi aspettavo e, per certi versi, lo hanno fatto». Per altri versi, invece, è mancata la scintilla. Quella scintilla che trasforma un gruppo di talenti in una squadra vera, capace di estrarre orgoglio anche da una serata di fine stagione contro un avversario infinitamente più abbordabile. Azzurri lasciati soli? Sì, ma lo sono stati anche dallo stesso Spalletti, che non è riuscito a instillare quella dose di coraggio necessaria a scrollarsi di dosso la pressione.
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