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“Ho un tumore non operabile”. Dramma nello sport, il terribile annuncio del campione

Oggi, l’atleta è chiamato ad affrontare la sfida più ardua e dolorosa della sua vita. La sua voce, affidata a un’intervista esclusiva a ESPN, rivela una diagnosi spietata: un tumore inoperabile con una prognosi media di soli 11-14 mesi. Questa non è solo una storia di malattia, ma di incredibile resilienza e speranza.

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Quando la vita si scontra con la malattia

L’immagine di Jason Collins, l’ex pivot NBA che nel 2013 fece la storia dichiarando la propria omosessualità, è sempre stata sinonimo di coraggio ineguagliabile. Il dramma si è abbattuto su Jason Collins (47 anni) in un momento che avrebbe dovuto essere di pura gioia. Pochi mesi prima della diagnosi, l’ex atleta si era unito in matrimonio con il produttore cinematografico Brunson Green, guardando con serenità a una nuova stagione di vita coniugale e progetti futuri. Un improvviso malore, tuttavia, ha trasformato il sogno in un incubo. Tutto è iniziato con difficoltà inaspettate nei gesti più semplici della quotidianità.

“Dovevamo andare agli US Open, ma all’improvviso non sono riuscito a fare i bagagli,” ha raccontato Collins a ESPN. Un viaggio annullato, un malessere crescente che ha raggiunto un punto di non ritorno quando è caduto in casa e, in un momento di totale disorientamento, “non sapevo più come spegnere un elettrodomestico.” La successiva TAC ha portato il verdetto senza appello: glioblastoma di quarto stadio, uno dei tumori cerebrali più aggressivi e letali, un nemico implacabile che non concede tregua. I medici hanno descritto l’avanzamento della malattia come “un mostro coi tentacoli grosso come una palla da baseball,” un attacco diretto alla memoria a breve termine e alla capacità di comprensione. Le parole di Collins rivelano un dolore profondo, ma è la sua lucidità nel raccontarlo che invita a proseguire nella lettura per scoprire come un campione si prepara a scendere in campo per la sua ultima partita.

Dall’NBA alla lotta per la vita

Nonostante l’annuncio choc di un tumore non operabile, Jason Collins ha scelto di affrontare l’ignoto a viso aperto, canalizzando la stessa determinazione che lo aveva reso un professionista di successo nell’NBA. La radioterapia è già iniziata, e l’ex pivot è pronto a reagire con la tenacia che lo ha sempre contraddistinto. La sua prospettiva è quella di un atleta abituato alle sfide titaniche:

“Ho giocato contro O’Neal nel suo prime, ed è la sfida più grande che tu possa affrontare su un campo da basket, quindi non ho paura. Noi atleti abbiamo dalla nostra la determinazione, non raggiungiamo certi livelli per caso.” Queste parole non sono solo un’affermazione di coraggio personale, ma una vera e propria dichiarazione di guerra al cancro. Curiosamente, l’ex giocatore di basket riesce persino a sdrammatizzare sulle piccole, inattese trasformazioni portate dalla malattia: “Mio marito mi ha detto che ho perso la voglia di guardare il tennis e ho iniziato ad apprezzare le serie tv coreane, più tranquille,” una battuta amara e tenera che dimostra come, anche nella prova più difficile, la sua umanità e leggerezza restino intatte. Tuttavia, la sua battaglia non è solo per sé; la sua scelta di non nascondersi ha un significato più grande, un senso di responsabilità che va oltre la sua stessa vita.

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