
PD, bufera interna su Schlein: “Chi vuole andarsene”. Crescono i malumori, si intensificano le tensioni, e ancora una volta il Partito Democratico rischia di pagare il prezzo della sua eterna ambiguità strategica affacciandosi su una nuova spaccatura. Una posizione netta, quella espressa da Elly Schlein, su un tema tutt’altro che secondario: l’aumento delle spese militari al 5% del PIL entro il 2035. Eppure, la chiarezza della segretaria non sembra aver ricompattato il partito. Anzi, ha riacceso una faglia interna che stavolta potrebbe non essere solo retorica. Mentre al Parlamento europeo si avvicina un voto cruciale, il fronte interno dei riformisti alza la voce. E con nomi di peso.


Schlein e le spese per il riarmo: la frattura è netta
Elly Schlein ha tracciato una linea politica chiara sui temi di sicurezza e strategia comune sotteso dal nuovo accordo Nato: nessun via libera da parte del gruppo dem al piano europeo sul riarmo, che prevede un progressivo aumento delle spese militari fino al 5% del PIL, inclusa la cybersicurezza, entro il 2035. Una presa di posizione che guarda al primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, l’alleato più vicino per sensibilità politica, e si oppone frontalmente a quanto richiesto dalla NATO e sostenuto dagli Stati Uniti, in particolare sotto la pressione della dottrina Trump.
“Il Pd non può sostenere un simile piano”, ha ribadito Schlein, allineandosi di fatto alla narrativa pacifista spinta dal Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte e da Alleanza Verdi e Sinistra. Il problema? I socialdemocratici europei – eccezion fatta per Madrid – non sono affatto d’accordo. A partire dai tedeschi dell’Spd, che governano la Germania con la Cdu-Csu e condividono la linea atlantista di Olaf Scholz e del suo rivale Friedrich Merz. Una distanza crescente fra Schlein e il cuore dell’internazionale socialista.

Il PD e la minoranza interna: defezioni in vista?
Le parole della segretaria non hanno convinto alcuni tra i volti più riconoscibili della corrente riformista. Da Pina Picierno a Giorgio Gori, passando per Pierfrancesco Maran, fino al presidente del partito Stefano Bonaccini: molti si dicono contrari alla linea ufficiale e pronti a votare – quando sarà il momento – in disaccordo con Schlein, scegliendo invece di sostenere la posizione della presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Secondo quanto riportato da fonti interne al Nazareno, la segretaria “preferisce Sánchez alla sua minoranza interna”, una scelta che rischia di allontanare definitivamente una parte del gruppo dirigente. Un rischio di scissione che, stavolta, non è solo un’ipotesi agitata mediaticamente, ma una possibilità reale. Alcuni di questi esponenti, infatti, guardano con crescente interesse a Carlo Calenda e ad Azione, partito esterno al Parlamento europeo ma ben allineato alle posizioni dei liberali di Emmanuel Macron.
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