
“Come finisce il caso”: Garlasco, il ministro gela gli Italiani – Diciotto anni dopo quel mattino d’estate in cui Chiara Poggi fu trovata senza vita nella villetta di famiglia, la ferita sembra tutt’altro che rimarginata. Non solo per chi ha conosciuto e amato la giovane, ma per un’intera nazione che da quasi due decenni si interroga, si spacca, dubita. E che oggi, ancora una volta, si ritrova sospesa tra sentenze e incertezze. Nel cuore della Versilia, lontano dai tribunali e dalle aule di giustizia, è bastata una frase pronunciata in un contesto apparentemente informale per riaccendere il dibattito. Una frase secca, disillusa, che fotografa meglio di qualunque atto giudiziario l’inquietudine che avvolge la vicenda: «Comunque finisca, la storia di Garlasco finirà male».
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“Come finisce il caso”: Garlasco, il ministro gela gli Italiani
Parole che pesano. Perché a pronunciarle non è un opinionista da salotto o un investigatore in pensione, ma chi oggi guida il ministero della Giustizia. Carlo Nordio ha scelto il palco del “Caffè de La Versiliana”, a Marina di Pietrasanta, per tornare sul caso che da 18 anni tormenta l’opinione pubblica italiana. E lo ha fatto con toni non da burocrate, ma da cittadino consapevole delle ombre che ancora gravano su quella tragedia. Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata, è in cella da oltre un decennio. Ma il dubbio, alimentato da nuove piste investigative e rilanciato dai media, ha iniziato a farsi largo con forza: se non fosse lui il colpevole?

Il peso dei nuovi indizi
Nel suo intervento, Nordio ha ripercorso l’intricato iter giudiziario: prima l’assoluzione in primo e secondo grado, poi la condanna in Cassazione. E oggi, a distanza di tanto tempo, emergono nuove ipotesi: prima un possibile secondo colpevole, ora addirittura un terzo. «Dopo 18 anni, con un esame del Dna, la vedo dura dimostrare qualcosa», ha osservato amaramente il ministro, sottolineando quanto sia complesso rimettere mano a un puzzle così vecchio, dove le tessere sembrano non combaciare mai del tutto. Una riflessione che si fa ancora più amara se si guarda alla realtà giudiziaria italiana nel suo insieme: «Stasi si è già fatto 10 anni e ora si ipotizza che possa non essere lui il responsabile», ha evidenziato Nordio. Parole che risuonano come un colpo al cuore per chi crede nella giustizia come garanzia, non come destino crudele.
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