
News TV. Una puntata che ha lasciato il pubblico senza fiato, quella di Quarto Grado, andata in onda venerdì sera. Al centro del dibattito, il caso che da quasi vent’anni continua a dividere l’opinione pubblica: l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco.
Ma stavolta, a scuotere l’inchiesta non è stato tanto Andrea Sempio – il giovane amico di Chiara più volte finito sotto i riflettori – quanto l’ex maresciallo dei Carabinieri Giuseppe Spoto, protagonista di un’intervista esclusiva che ha aggiunto nuovi, inaspettati tasselli all’indagine.
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La perquisizione shock e l’accusa di corruzione
Venerdì scorso, all’alba, otto uomini si sono presentati a casa di Giuseppe Spoto, ex maresciallo dell’Arma, per una perquisizione disposta nell’ambito dell’inchiesta che coinvolge l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti.
Venditti è oggi indagato per corruzione in atti d’ufficio: secondo l’accusa, avrebbe ricevuto denaro per archiviare in modo troppo frettoloso le indagini su Andrea Sempio, considerato da molti il possibile “terzo incomodo” nella vicenda Poggi.
«Non ho mai preso soldi dalla famiglia Sempio – ha dichiarato Spoto davanti alle telecamere – non avrei mai venduto il mio onore e la mia divisa per niente al mondo».
Il maresciallo, visibilmente provato, ha raccontato il momento della perquisizione: «È stato uno shock. Alle sette del mattino mi sono trovato otto persone in casa per prendere un cellulare, due computer e un’agenda. Li avrei potuti consegnare io, senza problemi. Ma non sono indagato, e per ora questa è già una buona notizia».
La telefonata con Sempio e le ombre del passato
Tra gli elementi finiti sotto la lente degli inquirenti c’è anche una telefonata intercettata nel 2017 tra Spoto e Andrea Sempio, in quel periodo di nuovo attenzionato dopo la riapertura del fascicolo sull’omicidio di Garlasco.
«Fare due chiacchiere per me significava solo notificargli un atto – ha spiegato l’ex maresciallo – non c’era alcun secondo fine».
Spoto ha ricordato di averlo chiamato per accertarsi che Sempio fosse effettivamente a Montebello della Battaglia, dove lavorava presso l’Iper.
Ma proprio in quelle registrazioni compariva una frase diventata centrale per l’accusa: «Dobbiamo pagare quei signori lì…».
Secondo Spoto, però, la conversazione è stata mal interpretata: «Ricordo bene quel passaggio. Era la madre di Sempio a chiedere al padre “a chi dobbiamo pagare?”, e lui rispondeva “agli avvocati”. Nulla di più. Io non ho mai ricevuto denaro da nessuno. Ho servito lo Stato per quarant’anni e ho una coscienza cristallina».
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