
Si definiscono loro stessi «addolorati» e «distrutti». Sono Catherine e Nathan Trevallion, i genitori della cosiddetta famiglia del bosco di Palmoli, in provincia di Chieti. Dopo anni trascorsi in una casa isolata tra gli alberi, lontano dai centri abitati e dalle consuetudini della vita urbana, oggi si trovano immersi in una realtà completamente diversa, regolata da norme rigide, continue valutazioni istituzionali e limiti ai contatti con i figli.


Famiglia nel bosco a Palmoli: il caso continua a far discutere
Il loro precedente stile di vita, costruito su un rapporto stretto con la natura e su abitudini autonome, è stato interrotto in modo improvviso dagli interventi delle autorità. Oggi quella vita appare, nelle parole della madre, come un passato distante, quasi irrecuperabile, e la quotidianità si svolge all’interno di un sistema che la famiglia percepisce come estraneo.
La vicenda giudiziaria che coinvolge la famiglia del bosco ruota intorno alla scelta dei magistrati di allontanare i minori e di collocarli in una struttura protetta. Una decisione fondata sulle relazioni dei servizi sociali e su accertamenti che hanno ritenuto necessario, almeno per il momento, un contesto più controllato per la crescita dei bambini.

L’allontanamento e il nuovo percorso della famiglia
Nel tentativo di conformarsi alle indicazioni ricevute, Catherine e Nathan hanno accettato passi significativi: hanno scelto di trasferirsi nella casa messa a disposizione dal ristoratore Carusi, hanno avviato i cicli vaccinali per i figli e hanno dato disponibilità a un percorso scolastico con insegnante a domicilio. Scelte che, per chi aveva impostato l’esistenza su un’autosufficienza quasi totale nel bosco, rappresentano un cambiamento radicale.
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