
Un dettaglio inaspettato — e per molti inquietante — è emerso di nuovo nel caso Liliana Resinovich, riaprendo interrogativi su una vicenda che sembrava in qualche modo già consolidata. Una testimonianza clamorosa, fatta da un ex pizzaiolo, ha riportato sotto i riflettori vecchie omissioni, tempistiche sospette e dubbi sulla credibilità di alcune prove. Ma non tutti la vedono allo stesso modo: c’è chi la considera un possibile tassello utile e chi una «farsa».
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Sacchi neri: la versione del pizzaiolo
Nei giorni scorsi, l’attenzione mediatica si è concentrata sulle parole di Alfonso Buonocore, l’ex titolare di una pizzeria triestina che sostiene di aver venduto a Liliana, a metà 2019 o 2020, due sacchi neri — pezzi identici a quelli in cui il corpo della donna venne ritrovato. Come riportato da Fanpage, secondo il racconto, Liliana avrebbe chiesto un sacco nero in un’occasione, poi sarebbe tornata il giorno dopo a comprarne un altro, raccomandando riservatezza assoluta. Il dialogo tra Buonocore e il marito di Liliana — Sebastiano Visintin — sarebbe stato registrato dallo stesso Visintin e consegnato in Questura.
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Resinovich: un nuovo elemento del giallo?
Se confermate, tali dichiarazioni potrebbero collegare quell’anomalo acquisto di sacchi con quelli utilizzati per occultare il corpo — un dettaglio macabro che rimette in moto l’interesse su origini e tempistiche dell’accaduto. Tuttavia, la codificazione dei sacchi come “rifiuti urbani” rende difficile stabilire un’immediata correlazione tecnica. I commenti sulla nuova rivelazione del pizzaiolo non si sono fatti attendere, con il fratello Sergio Resinovich che ha reagito con decisione alle recenti dichiarazioni.
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