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Lulù Selassié, la sorella Jessica rompe il silenzio

Personaggi Tv. Cinque mesi dopo l’esplosione mediatica della denuncia per stalking presentata da Manuel Bortuzzo contro Lulù Selassié, la sorella Jessica rompe il silenzio. In un’intervista intensa, la principessa etiope racconta i mesi vissuti nell’ombra, tra disagi tecnici, isolamento e ripercussioni professionali. Una testimonianza inedita che solleva domande importanti e offre un’altra prospettiva su una vicenda che continua a far discutere.

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Lulù Selassié, la sorella Jessica rompe il silenzio

A riportare al centro dell’attenzione il caso Bortuzzo-Selassié è l’intervista rilasciata da Jessica Selassié nel podcast Seconda Vita di Gabriele Parpiglia. La vincitrice del Grande Fratello Vip ha parlato apertamente della difficile estate vissuta insieme alla sorella Lulù, costretta agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico dopo la denuncia per stalking da parte dell’ex fidanzato Manuel Bortuzzo. “La scorsa estate siamo rimaste chiuse in casa. Il braccialetto non funzionava sempre”, racconta Jessica, sottolineando come il dispositivo elettronico applicato da forze dell’ordine abbia dato non pochi problemi. “A volte suonava senza motivo, altre si presentavano pattuglie di Polizia anche quando non eravamo a Roma”. Un controllo costante e invasivo, che ha trasformato la vita di Lulù in una prigione non solo fisica, ma anche mediatica e sociale.

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Polizia in casa di Lulù

La sorella maggiore ha raccontato episodi inquietanti legati ai malfunzionamenti del sistema elettronico di sorveglianza. “Due volte sono arrivati gli agenti a casa nostra a Roma, ma noi ci eravamo già trasferite a Milano. Hanno chiesto dove fosse Lulù per monitorarla”. Un controllo che si è rivelato inutile ma anche potenzialmente lesivo della privacy, visto che Lulù portava sempre con sé anche il dispositivo satellitare di supporto. A ricevere i poliziotti, in assenza delle sorelle, è stato il fratello: “Ha spiegato che viviamo a Milano. Ma loro erano lì per verificare il corretto funzionamento del braccialetto. Evidentemente non andava come doveva”. Parole che, se confermate, potrebbero aprire una riflessione sulla gestione tecnica e umana di queste misure cautelari. Lulù, nel frattempo, ha sempre ribadito di avere le prove per dimostrare la propria innocenza.

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